Sembrava un incidente oppure una morte per cause naturali. Invece gli avevano sparato alla testa. Forse per una banale lite o per contrasti di strada. Oppure, sospettano gli investigatori, addirittura per gioco o solo per provare una pistola. È un vero e proprio giallo, l’omicidio di Davide Fogler, 56 anni, assassinato il 31 luglio scorso nel terreno abbandonato di via Ilioneo a Bagnoli dove viveva. L’uomo non aveva un lavoro fisso, talvolta si arrangiava come parcheggiatore abusivo oppure con altri espedienti. Gli agenti della squadra mobile diretta da Alfredo Fabbrocini, coordinati dai pm Valentino Battiloro e Cristina Curatoli con il procuratore aggiunto Sergio Amato, lavorano per fare luce su un delitto che sin dal primo momento è apparso oscuro. Eppure tutto è accaduto in un orario e in un luogo che lasciano presupporre la presenza, nella zona, di diversi testimoni. Tanti potrebbero aver visto, è la tesi degli inquirenti, ciò nonostante nessuno si è fatto avanti, neppure in forma anonima, per contribuire alle indagini. Anzi, inizialmente il caso sembrava destinato a finire in archivio come morte determinata da un malore o da una caduta. L’autopsia però ha raccontato una storia diversa: Fogler era stato raggiunto da un proiettile al capo, esploso probabilmente da distanza ravvicinata.
Il corpo senza vita del 56enne è stato ritrovato all’interno del “basso”, ma si tratta di un locale che dà sulla strada e il delitto è stato consumato nel pomeriggio di una torrida giornata d’estate, mentre molte persone si stavano intrattenendo all’aperto per passeggiare o sfuggire all’afa. Dunque è molto probabile che possano aver visto l’assassino arrivare oppure fuggire o che possano aver almeno sentito lo sparo. Mistero assoluto anche sul movente. Sul tavolo, mai come in questo caso, ci sono davvero tutte le ipotesi. Dalla vendetta del racket della sosta “abusiva” alla “punizione” dopo una litigio oppure per altre ragioni al momento insondabili. Ma non si escludono altre letture, addirittura più allarmanti. Se davvero tanti hanno visto ma non parlano, ragionano gli investigatori, vuol dire che hanno paura. Questo farebbe passare in secondo piano le piste legate a un movente strettamente “personale”, eventualmente riconducibile a comportamenti o rapporti del 56enne, e aprirebbe a nuovi scenari. Come l’omicidio commesso da giovani criminali senza alcuna ragione: “per noia” o per provare una pistola. Un delitto commesso ” per gioco” nei confronti di una persona più debole e come tale ritenuta un facile bersaglio. Una vittima inerme, per la quale nessuno sembra disposto a raccontare la verità.