Resta agli arresti domiciliari Silvia Panzeri, la figlia di Antonio Panzeri, l’ex eurodeputato in cella a Bruxelles nell’ambito del Qatargate. La Corte d’Appello di Brescia ha rigettato la richiesta avanzata dai difensori, Angelo De Riso e Nicola Colli, di rimettere in libertà la loro assistita o di concederle l’obbligo di firma, in quanto ha necessità di esercitare la sua professione di avvocato. I giudici hanno ritenuto che la misura dei domiciliari disposta in esecuzione del mandato di arresto europeo sia corretta in attesa della decisione, prevista in tempi ravvicinati, sulla consegna sua e della madre Maria Dolores Colleoni, chiesta dal Belgio. Intanto il 9 gennaio, davanti al Tribunale del Riesame di Bergamo si discuterà del ricorso presentato dai difensori per la revoca del sequestro, sempre dalla magistratura belga tramite un ordine di investigazione europeo, di 200 mila euro trovati sul conto corrente di Silvia Panzeri e di 47 mila euro su quello cointestato alla madre e al padre. In aula De Riso e Colli porranno i loro rilievi solo in punto di diritto per arrivare alla conclusione che l’atto con cui sono stati congelati i soldi ha una serie di «vizi formali». Secondo la tesi difensiva quei 200 mila euro sarebbero «compensi ottenuti attraverso la sua attività professionale», essendo iscritta all’albo degli avvocati di Milano da sette anni e avendo sempre lavorato come civilista. Ovviamente per dimostrare ciò, quando il procedimento istruito dal giudice Michel Claise anche nei confronti della moglie e della figlia di Panzeri entrerà nel merito, serviranno i documenti contabili dello studio legale. E proprio Claise, in un’intervista a L’Echo, senza entrare nel merito del Qatargate, ha lanciato la sua ‘crociatà contro i corrotti. «L’incompetenza dei governi nella lotta alla corruzione crea un senso di impunità per le organizzazioni criminali», ha sottolineato il giudice belga lanciando l’idea di una Procura nazionale sui crimini finanziari. Un organo che sia indipendente perché – ha rimarcato – «nei grandi casi politici ci sono poste politiche». Claise è da anni famoso in patria e ora, con il Qatargate, il nome si è fatto strada anche a livello europeo. Ma le modalità con cui gli inquirenti belgi stanno conducendo l’inchiesta non stanno convincendo tutti al Pe: in alcuni gruppi, come quello dei liberali, ha suscitato più di un dubbio il fatto che, ad esempio, Eva Kaili abbia potuto vedere la figlia solo il 6 gennaio, a quasi un mese dal suo arresto. Dubbi che, per ora, restano sottotraccia. La linea dei vertici dell’Eurocamera, a partire da Roberta Metsola, è netta: tolleranza zero sulla corruzione. Il 22 gennaio il tribunale di Bruxelles deciderà se Kaili potrà uscire dal carcere di Haren, restando ai domiciliari con braccialetto elettronico. Mentre in Italia il 16 gennaio il collegio dei giudici d’appello bresciani, presieduto da Giulio De Antoni, dovrà pronunciarsi sulla richiesta di consegna al Belgio di Silvia Panzeri dopo aver valutato le carte che dovrebbe avere ricevuto sulla situazione delle carceri belghe e in particolare dell’istituto in cui verrebbe trasferita la figlia dell’ex eurodeputato.