di Mario De Michele
Mai come stavolta l’esito del congresso nazionale del Pd passa per la Campania. Stefano Bonaccini ha riservato un posto sul tandem alla casertana Pina Picierno, vicepresidente del Parlamento europeo, eletta nella circoscrizione Meridionale. In un colpo solo il governatore dell’Emilia Romagna ha riunito l’Italia democratica sottraendosi al rischio, reale e pericoloso, di essere visto come il candidato del nord. In caso di vittoria alle primarie avrà come vice una donna. Realpolitik da fare invidia ai teutonici. La politica italiana è segnata da una netta linea di demarcazione: c’è un prima 25 settembre 2022 e un dopo elezioni. Per la prima volta nella storia patria una donna ha suonato la campanella di Palazzo Chigi. Non tenerne conto sarebbe stato un suicidio o la quintessenza del masochismo. Meloni premier spinge a un’altra riflessione che si snoda su due direttrici: la vocazione maggioritaria del partito, nel caso di specie Fratelli d’Italia, e la sua diramazione lungo tutto lo Stivale. Semplificando all’ennesima potenza il ticket Bonaccini-Picierno va in questa direzione. E non potrebbe essere diversamente. A meno che il Pd non voglia impiccarsi all’albero della marginalità. Chi lo ha capito per primo è stato un altro casertano: il deputato Stefano Graziano, capogruppo dem della commissione Difesa della Camera. La frequentazione con ottimo profitto della scuola demitiana gli è servita per “leggere” la politica con uno sguardo ad ampio spettro. E soprattutto dal respiro lungo. Agli occhi più distratti l’attendismo di Graziano è stato relegato nel recinto del tatticismo esasperato. In realtà il deputato democrat ha camminato sul filo dell’equilibrio tra tattica e strategia. Prima di schierarsi con Bonaccini – lo ufficializzerà a breve – ha posto una questione politica dirimente: la questione meridionale. Lo ha fatto con la consapevolezza, unita alla scaltrezza, che il presidente dell’Emilia Romagna nel mare del sud avrebbe pescato il nome di Pina Picierno. Il migliore sul mercato. Donna, giovane, con un ruolo politico-istituzionale di primissimo livello. Una mossa, quella di Graziano, che gli ha consentito di spiegare agli amici stretti come Francesco Boccia che il suo appoggio a Bonaccini era inevitabile e imperniato su un asse politico-territoriale che coniuga l’esigenza di cambiamento con la necessità ineludibile di mantenere unito il Paese. A maggior ragione in una fase in cui il ministro Calderoli pigia sull’acceleratore dell’autonomia differenziata che così com’è dovrebbe essere ribattezzata “Spacca Italia”. Con due guizzi Graziano ha coperto tutte le caselle. Il congresso Pd passa per la Campania anche perché proprio Boccia è il commissario regionale del partito. Un timoniere pro-tempore che, tra mille difficoltà, è riuscito a non perdere la rotta. Boccia è il coordinatore politico della mozione a firma Elly Schlein. Non è un caso. Il responsabile nazionale Enti locali sa che per risalire la china serve aria fresca. La leader di “Open Pd” è percepita nell’opinione pubblica come una faccia nuova. Secondo Boccia è proprio quello di cui ha bisogno il partito. Letta ha promesso equidistanza ma tutti sanno che porta Schlein nel cuore. Le motivazioni sono identiche a quelle di Boccia: una svolta radicale, una sterzata per rimettere in pista i dem. Il congresso del Pd passa per la Campania anche perché dopo 15 anni, dai tempi di Rosa Russo Iervolino, la città di Napoli è amministrata da una coalizione che mette assieme tutte le anime del centrosinistra. Il sindaco Gaetano Manfredi non starà a guardare con le braccia conserte l’andamento delle primarie. L’occasione è ghiotta per intraprendere un triplice percorso. Il primo: ridimensionare il presidente della Regione Vincenzo De Luca. Il secondo: assumere un ruolo di respiro nazionale. Il terzo: tracciare il sentiero per le prossime regionali. Tre obiettivi ambiziosi ma alla portata. Con le sue uscite scomposte e francamente esagerate contro il partito, il governatore è riuscito in un battito di ciglia a inimicarsi praticamente l’intero gruppo dirigente nazionale e la base dem perché, al netto di tutte le contraddizioni e le contrapposizioni interne, il Pd è una comunità. Nessuno ha digerito il suo riferimento velenoso a Gogol’: “È un partito di anime morte”. Ai microfoni di Italia Notizie Boccia, vistosamente contrariato, ha invitato De Luca a “guardare nel proprio cimitero”, con un chiaro riferimento a parenti e amici. E ha aggiunto: “Basta con la dittatura degli amministratori che tappano quattro buche e pensano di essere i padroni del Pd. Il Pd non ha e non avrà mai padroni”. L’errore del presidente della Campania è aver alzato sempre di più l’asticella della polemica. Anche lui, che si considera un gigante, si è trovato di fronte a un muro invalicabile. Dovrebbe avere la lucidità politica di fermarsi. Elaborare un’exit strategy. Parcheggiare in garage il bulldozer. E appoggiare diligentemente il duo Bonaccini-Picierno. Altrimenti rischia grosso. In palio la posta è alta: il terzo mandato a Palazzo Santa Lucia. A De Luca servono amici in tempo di pace per farsi soccorrere in tempo di guerra. Quella guerra che Manfredi ingaggerà avendo a disposizione un’arma letale: l’accordo con i 5 Stelle con la candidatura a governatore di Sergio Costa, di Roberto Fico o di Federico Cafiero de Raho. Dopo due consiliature targate dem non sarà facile sbarrare la strada a un pentastellato, soprattutto se i nomi in lizza saranno autorevoli come quelli dell’ex ministro, dell’ex presidente della Camera e dell’ex coordinatore nazionale della Dda. Sarà il banco di prova per capire se il Pd crede davvero nel campo largo oppure è solo fumo negli occhi. In questo scenario i tre ambiziosi obiettivi di Manfredi prendono forma. Per citare un autore che piace a De Luca il governatore deve tenere a bada i suoi dèmoni. Rendersi conto che è giunto a un punto di non ritorno. È davanti a una scelta stringente: battere per una volta in ritirata per salvare sé stesso e le sue truppe oppure imbattersi in una guerra persa in partenza. Che lascerebbe sul terreno gran parte del suo esercito. L’esito del congresso nazionale del Pd mai come stavolta passa per la Campania.