Crolla, ed è più che dimezzata rispetto a cinque anni fa, l’affluenza alle elezioni regionali. In Lombardia e nel Lazio la percentuale di chi è andato alle urne alle 19 si ferma al 25,1% contro il 56,21 del 2018, quando però il voto era concentrato in un solo giorno. Adesso si spera nella “coda” di domani, visto che c’è tempo fino alle 15. A quell’ora suonerà il gong finale sulla competizione aperta in due regioni che rappresentano un quinto degli italiani. E che l’astensionismo fosse il grande spauracchio di questa sfida si percepisce dal coro di appelli al voto dei leader. Quasi tutti rompono il silenzio elettorale solo per ricordare l’importanza della scelta. Secca Giorgia Meloni con il suo monito: «Andate a votare». Lo dice lasciando la scuola al Torrino, quartiere di periferia dov’è il suo seggio. La premier argomenta così: «È un’elezione importante, spero che l’affluenza sia adeguata a una scelta come quella che si deve fare per Regioni così strategiche per una nazione». Il Viminale fotografa una disaffezione al voto che è leggermente minore in Lombardia: quando mancano solo i dati totali di Milano l’affluenza si arresta al 27,16%. Cinque anni fa, quando la regione scelse per la prima volta Attilio Fontana alla guida del Pirellone, era oltre il doppio, al 59,88%. Va peggio nel Lazio: prima di cena ai seggi risulta il 22,11, contro il 50,96% del 2018. E andando nel dettaglio, emerge che per ora nella Capitale traina il cosiddetto voto-ztl cioè più partecipato nelle zone centrali che in periferia. Di astensionismo non parla Matteo Salvini, che da giorni attacca i media per aver oscurato il voto. Andando a votare a Milano, si limita a dire: «Questo sole è ben augurante sia per la Lombardia che per il Lazio, sono sicuro che ci saranno ottimi risultati». Chissà se lo spirito del leader leghista resterà positivo domani, all’esito del voto. Lo seguirà nel quartier generale del suo partito, in via Bellerio. Intanto non è arrivata per Salvini una bella notizia da Treviso dove diventa segretario provinciale della Lega Dimitri Coin. Il nuovo segretario non è un salviniano ma espressione della parte del movimento indipendentista che si riconosce in Gianpaolo Gobbo, ex leader della Liga Veneta. Pungola gli elettori, con il suo stile e via tweet, Carlo Calenda: «Votare è come un colloquio di lavoro. Scegliete non per appartenenza, ma sulla base di preparazione e competenza». Più caustico Giuseppe Conte: «Chi rimane a casa, e non vota, non è vero che non sceglie, ma lascia che altri scelgano per se stesso e questo non è bello per una democrazia». L’ex premier e leader del M5s ricorda che «quanti più voti ci saranno, maggiori possibilità avranno i cittadini di incidere nel prossimo governo regionale». Super stringato Enrico Letta: «Votato! Sperando che siamo in tanti oggi e domani a farlo», sentenzia su Twitter. E chissà se domani sarà al Nazareno a seguire i risultati che, viste le tante divisioni scelte tra Dem, 5Stelle e Terzo polo, potrebbero penalizzare tutto il fronte o solo alcuni.