Le indagini hanno disvelato un «humus di clientelismo e rapporti preferenziali che ha consentito negli anni la proliferazione di relazioni deviate tra imprenditori politici e pubblici funzionari: tuttavia tali vicende satelliti e tali coinvolgimenti – all’esito degli approfondimenti investigativi – o non appaiono integrare autonome o compiute notizie di reato o non assurgono a ipotesi di concorso nelle singole condotte di reato imputabili a terzi». Scrivono così i sostituti procuratore Guglielmo Valenti ed Elena Cosentino nella richiesta di archiviazione accolta l’8 febbraio scorso dal gip Gerardina Romaniello. L’inchiesta è quelle sulle cooperative sociali che si chiude per tutti, anche per il governatore della Campania Vincenzo De Luca accusato, in uno stralcio, di corruzione politica. Si chiude anche per il sindaco Vincenzo Napoli, per l’ex dirigente comunale ora capo staff del primo cittadino Felice Marotta, si chiude anche per il consigliere regionale Franco Picarone che compariva nelle carte dell’inchiesta e nelle intercettazioni (perché sotto attenzione della procura per altro) e il cui nome compare ufficialmente per la prima volta nel decreto di archiviazione. Non si chiude lo stralcio, per il quale sono a giudizio immediato, che riguarda Vittorio Zoccola e Nino Savastano. Non si chiude per il dirigente comunale, ora in pensione, del settore Ambiente, Luca Caselli. Nelle otto pagine della propria richiesta, la procura diretta da Giuseppe Borrelli, analizza però, una ad una tutte le posizioni, precisando come ci sia stata partecipazione senza però che si sia sviluppato reato. «Non vi è dubbio che l’indagato De Luca abbia avuto numerosi contatti con Zoccola – scrivono i due pm nella richiesta di archiviazione – uno per tutti la cena organizzata con le cooperative. Parimenti risulta che abbia ricevuto indicazioni di voto dal presidente della Regione Campania. Indicazioni che individuavano nel candidato Savastano il politico in favore del quale concentrare l’apporto nelle imminenti consultazioni». Un rapporto, quello tra il politico e l’imprenditore «datato», scrivono ancora i magistrati, e «consolidato». Le indagini, si legge ancora, «testimoniano coinvolgimento Luca nelle vicende oggetto d’indagine, ed in particolare degli affidamenti alle cooperative del patto corruttivo tra Zoccola e Savastano ma gli approfondimenti svolti, e in particolare il materiale intercettivo, non hanno consentito di acquisire ulteriori elementi che trovassero un diretto intervento dell’indagato nelle procedure amministrative oggetto di indagine ne in quelle oggetto di sollecitazioni». Uno degli intermediari attraverso il quale De Luca avrebbe dato indicazioni politiche, si legge nelle carte, sarebbe stato anche il figlio Piero De Luca. Anche se, a proposito di De Luca, la procura precisa che le sue condotte sono legate ad un mero esercizio di prerogative connesse al suo ruolo politico. Per quanto riguarda invece la posizione del sindaco Napoli, si legge nelle carte che «lo stesso è stato più volte informato da Luca Caselli delle procedure di gara per l’affidamento dei servizi relativi al patrimonio cittadino, che ha condiviso con lo stesso preoccupazioni per il ritardo nell’espletamento della gara con riguardo ad entrambi bandi oggetto di contestazione e che si è interessato affinché venissero risolte le relative problematiche. È emerso in particolare che il sindaco era stato posto a conoscenza della partecipazione alla gara delle stesse cooperative già interessate da informazione di garanzia e, più in generale, delle continue richieste e sollecitazioni di Zoccola sugli affidamenti e le gare pubbliche al Comune di Salerno». Per la procura «ha condiviso, con altri assessori, il contenuto delle determine di proroga assunte dal funzionario, di volta in volta supportate da delibere di giunta emanate a sostegno ed indirizzo del provvedimento amministrativo». Per la procura «l’indagato ha mantenuto una posizione distaccata di fatto recependo le informazioni di cui altri lo rendevano destinatario e assumendo determinazioni funzionali all’obiettivo politico». «A dispetto delle sua posizione apicale sembra che l’indagato abbia operato recependo in maniera acritica suggerimenti e pressioni provenienti da altri indagati senza però possa dirsi raggiunta la prova della partecipazione e della consapevolezza del progetto criminale», si legge ancora. Il «contegno serbato – scrivono i due pm – da Napoli rimane confinato al più al limite della mera connivenza, come tale, penalmente irrilevante seppur allarmante se si riflette sulla complessiva vicenda».