Pubblichiamo l’articolo di Gianluca Mercuri sul Corriere della Sera. Un’analisi illuminante dei dati Istat sull’invecchiamento della popolazione italiana e sul tasso di natalità, intersecata con i numeri riguardanti i migranti. L’obiettivo, raggiunto in pieno, è – come scrive l’autore – “provare a evitare la sostituzione tecnica, quella dell’ideologia sulla realtà”. CLICCA QUI PER L’EDITORIALE DI MARIO DE MICHELE SU ITALIA NOTIZIE
di GIANLUCA MERCURI
Il tema dell’immigrazione è sempre al centro del dibattito politico. Lo scontro tra governo è opposizioni è duro, ma anche le tensioni nella maggioranza risultano evidenti. In questo clima, i temi come il calo demografico, la natalità i flussi migratori sfuggono facilmente all’analisi fattuale per essere piegati alle esigenze della propaganda, o — ad essere più gentili — dei legittimi orientamenti politici e ideologici, con i conseguenti cascami programmatici
Per questo motivo, può essere utile partire dalla cosa più importante: i dati. Come per ogni questione, ma più che per ogni altra questione, ogni opinione è preziosa purché prenda spunto da dati sicuri. Che poi sono ovviamente interpretabili in vari mdi, ma comunque rappresentano — dovrebbero rappresentare — la sorgente riconosciuta di ogni presa di posizione. Dunque, spulciare l’ultimo Report sugli indicatori demografici della più grande miniera di dati italiana — l’Istat — è un contributo al dibattito. Tutt’altro che asettico, e molto di sostanza. In più, si trovano un sacco di curiosità interessanti, oltre a notevoli spunti di riflessione. Punto per punto, cominciando dai dati chiave:
Una natalità al minimo storico Nel 2022, abbiamo avuto meno di 7 neonati e più di 12 decessi per mille abitanti.
Il tasso di fecondità Ovvero il numero medio di figli per donna, è di 1,24. Teniamo sempre presente che il tasso minimo per mantenere la popolazione stabile è 2,1.
La speranza di vita alla nascita È di 82,6 anni. Per sesso: 80,5 anni per gli uomini e 84,8 anni per le donne. Rispetto al 2021, gli uomini hanno recuperato circa due mesi e mezzo di vita, mentre per le donne il valore è rimasto invariato. Per entrambi i sessi, «i livelli di sopravvivenza del 2022 risultano ancora sotto quelli del periodo pre-pandemico, registrando valori di 6 mesi inferiori nei confronti del 2019, sia tra gli uomini che tra le donne».
L’impatto del Covid sulle donne Il rallentamento della speranza di vita delle donne rispetto agli uomini, sottolinea il rapporto, era stato rilevato già prima della pandemia, ma il Covid «può aver acuito il trend». Perché? Perché «l’impatto della crisi sul sistema sanitario, e la conseguente difficoltà nella programmazione di visite e controlli medici, potrebbero esser stati particolarmente forti per le donne, più inclini degli uomini a fare prevenzione».
Longevi e longeve La speranza di vita più alta tra gli uomini è in Toscana (81,3), tra le donne nelle Marche (85,4).
Saldo migratorio netto in crescita È il rapporto tra le persone che arrivano in Italia e quelle che se ne vanno. Ebbene: sale da +88 mila nel 2020 e +160 mila nel 2021 a +229 mila nel 2022. Nel dettaglio, lo scorso anno le iscrizioni dall’estero per trasferimento di residenza sono state 361 mila, cresciute del 13,3% sul 2021 (318 mila), del 45,7% sul 2020 (247 mila) e anche dell’8,4% sul 2019 (333 mila). «Le cancellazioni per l’estero, invece, continuano a diminuire. Nel 2022 sono appena 132 mila, in calo di circa il 17% rispetto agli ultimi due anni, ma del 26,5% rispetto al 2019 quando se ne contarono 153 mila».
Ma quanti siamo? La popolazione residente in Italia al 1° gennaio 2023 è di 58 milioni e 851 mila persone, 179 mila in meno rispetto all’anno precedente, per una riduzione pari al 3%. «Prosegue dunque — si legge nel rapporto — la tendenza alla diminuzione della popolazione, ma con un’intensità minore rispetto sia al 2021 (-3,5‰), sia soprattutto al 2020 (-6,7‰), anni durante i quali gli effetti della pandemia avevano accelerato un processo iniziato già nel 2014».
Sempre meno meridionali Il calo demografico interessa soprattutto il Sud: -6,3%. «Il Centro (-2,6‰) e soprattutto il Nord (-0,9‰), che pur presentano un saldo demografico negativo, hanno valori migliori della media nazionale», che è -2,9%, come nel 2019.
E regione per regione? La popolazione aumenta soltanto in Trentino-Alto Adige (+1,6‰), in Lombardia (+0,8‰) e in Emilia-Romagna (+0,4‰). Le regioni che perdono più abitanti sono la Basilicata, il Molise, la Sardegna e la Calabria (con tassi di decrescita inferiori al 7%).
Nascite e decessi Le nascite sono state 393 mila, le morti 713 mila. Il saldo naturale è quindi -320 mila unità, e si tratta di un record storico. I 713 mila morti significano un tasso di mortalità del 12,1. Sono stati 12 mila in più rispetto al 2021, ma 27 mila in meno rispetto al 2020, l’anno in cui la pandemia ha colpito di più.
Occhio ai mesi caldi e freddi Sì: si muore di più a dicembre-gennaio e a luglio-agosto. «In questi soli quattro mesi si sono osservati 265 mila decessi, quasi il 40% del totale». Chiaramente, il clima si fa sentire soprattutto sugli anziani. Da notare — assolutamente — che a parte il 2020 pandemico, dei 4 anni che hanno avuto tassi di mortalità superiori all’atteso, ben tre — 2015, 17 e 22 — si concentrano in un arco di soli 8 anni, e uno solo — il 2003 — si distanzia di vent’anni. Per i demografi dell’Istituto di statistica, è «un segnale, apparentemente inequivocabile, di quanto i cambiamenti climatici stiano assumendo rilevanza crescente anche sul piano della sopravvivenza, nel contesto di un Paese a forte invecchiamento».
Nascite al minimo Come è stato ampiamente scritto, nel 2022 i nati sono scesi, per la prima volta dall’unità d’Italia, sotto la soglia delle 400 mila unità: 393 mila per l’esattezza. L’ultimo anno in cui si è registrato un aumento delle nascite è stato il 2008: da allora, « il calo è di circa 184 mila nati, di cui circa 27 mila concentrati dal 2019 in avanti».
La trappola demografica La diminuzione delle nascite, sottolinea il report, «è dovuta solo in parte alla spontanea o indotta rinuncia ad avere figli da parte delle coppie». Il fattore decisivo è quella che la demografa Letizia Mencarini ha chiamato «la trappola demografica», ovvero la riduzione e l’invecchiamento della popolazione femminile in età feconda, quella collocata convenzionalmente tra i 15 e i 49 anni. Se tra il 2020 e il 21 il tasso di fecondità (numero medio di figli per donna) era aumentato lievemente, nel 2022 è sceso di nuovo a 1,24. Il report parla dunque di «tendenza alla riduzione dei progetti riproduttivi, già in atto da diversi anni nel nostro Paese, con un’età media al parto stabile rispetto al 2021, pari a 32,4 anni».
Ma dove si nasce di più e di meno? Di più in Trentino-Alto Adige, con 1,51 figli per donna. Di meno in Sardegna, che con 0,95 figli per donna è per il terzo anno consecutivo l’unica regione con una fecondità al di sotto dell’unità.
Più mobilità interna I trasferimenti di residenza tra un Comune e l’altro sono 1 milione 484 mila, +4% rispetto al 2021, +10% rispetto al 2020.
Stranieri in aumento La popolazione di cittadinanza straniera al 1° gennaio 2023 è di 5 milioni e 50 mila persone, con una crescita di 20 mila unità (+3,9‰) rispetto al 2021.
Ma dove si concentrano? Per lo più al Nord: quasi il 60%, pari a 2 milioni 989 mila persone, che rappresentano dunque l’11% della popolazione settentrionale. Al Centro vivono invece un milione 238 mila stranieri (il 25% del totale), con un’incidenza del 10,6%. Il Sud ne ha 824 mila, per un’incidenza del 4,2%.
L’italiano medio ha 46,4 anni Nonostante l’aumento dei decessi, «il processo di invecchiamento della popolazione è proseguito, portando l’età media da 45,7 anni a 46,4 anni tra l’inizio del 2020 e l’inizio del 2023».
Un italiano su 4 ha almeno 65 anni Gli over 65 a inizio 2023 sono 14 milioni 177 mila, pari al 24,1% della popolazione, contro il 23,8 del 2022. Gli ultra 80enni sono 4 milioni 530 mila, il 7,7% della popolazione (nel 2021 erano il 7,6%).
Calano gli italiani in età attiva Si tratta dei 15-64enni, che scendono da 37 milioni 489 mila (63,5%) a 37 milioni 339 mila (63,4%). Anche i ragazzi fino a 14 anni scendono da 7 milioni 490 mila (12,7%) a 7 milioni 334 mila (12,5%).
Gli ultracentenari Sono 22 mila.
La regione più anziana È la Liguria, con una quota di over 65 pari al 28,9% e una di ultra 80enni del 10,4%.
La regione più giovane È la Campania, con il 20,6%sopra i 65 anni e il 5,6% oltre gli 80.
Ecco, insomma, dati grezzi (ma non tanto) su cui ragionare. Obiettivo numero 1: provare a evitare la sostituzione tecnica, quella dell’ideologia sulla realtà.