“Ho portato in Aula il grido di dolore di Don Maurizio Patriciello, parroco di Caivano, che sui social ha espresso tutto il proprio sconforto per il terrore vissuto da cittadini del suo territorio. I caivanesi non hanno bisogno di interventi spot ma strutturali e i colpi di pistola sparati negli ultimi giorni dimostrano che la via maestra da seguire è quella della rivoluzione culturale, scolastica e sociale. Come ho spiegato al Senato, non ho nulla contro l’operazione interforze deliberata dal Governo, ma fa specie che questo Esecutivo abbia alzato la propria voce e appuntato all’interno della propria agenda politica la parola “Caivano” solo perché imposta dal dibattito pubblico e dai mass media. Anche perché non esiste solo Caivano, ma tante Caivano che pullulano nelle aree fragili del Paese, totalmente dimenticate da questo Governo. Giacchè esiste una Caivano in ogni Comune in cui non vengono garantiti i LEP, in tutti quei Comuni in cui lo Stato non ha erogato nemmeno 1 centesimo per i propri asili nido, in ciascun Comune delle aree fragili d’Italia che col definanziamento del PNRR subiranno un taglio di svariati miliardi di euro e a cui non verranno riconosciute opere per 2,5 miliardi di euro. E, soprattutto, laddove lo Stato arretra, abbassa le proprie difese e si dimentica dei propri concittadini, creando italiani di serie A e di serie B. Perciò, come ho concluso in Aula, non abbiamo bisogno di decreti che portano il nome di un singolo Comune, generando un ulteriore ghettizzazione ma di uno Stato che ritorni in quei territori da dove ha preferito scappare, piuttosto che affrontare le annose criticità”. Così la senatrice M5S Vincenza Aloisio.