Dopo l’approvazione di ieri al Senato, la manovra approda in commissione Bilancio della Camera per l’esame preliminare. Secondo il calendario dei lavori, il termine per la presentazione degli emendamenti è scaduto ieri alle 14.30. Sono circa mille, tutti dei partiti di opposizione, gli emendamenti alla manovra presentati in commissione Bilancio alla Camera. Lo si apprende da fonti parlamentari. Sarebbero oltre 300 gli emendamenti presentati sia dal Pd che dal M5s, 260 di Avs, una settantina da Azione, il resto di Iv e +Europa. “E’ necessaria e urgente una informativa del Ministro dell’Economia e delle Finanze, Giancarlo Giorgetti, da svolgere nella Commissione da lei presieduta già in occasione dell’esame della Legge di bilancio 2024”. Lo chiede con una lettera al presidente della Commissione, il Gruppo del Pd. Oltre al Partito democratico, viene precisato, anche M5s, Iv e Azione hanno chiesto – con la medesima lettera al presidente di commissione – l’audizione “urgente e necessaria” del ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, sul patto di Stabilità e sul Mes. La commissione Bilancio tornerà quindi a riunirsi mercoledì prossimo, 27 dicembre, in mattinata, per la comunicazione delle valutazioni sull’ammissibilità degli emendamenti mentre alle 14 è fissato l’inizio delle votazioni (con chiusura prevista entro le 19). Dal 28 dicembre la legge di Bilancio sarà quindi in Aula e il 29 dicembre, dalle 17, sono previste le dichiarazioni di voto e il voto finale entro le 19. Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha dato la propria disponibilità ad intervenire in commissione Bilancio della Camera mercoledì prossimo, 27 dicembre. La sua partecipazione, viene però precisato, sarà esclusivamente concentrata sulla legge di bilancio e non sul Patto di Stabilità o sul Mes, come richiesto dalle opposizioni. Su questi temi c’è comunque l’apertura a riferire in altre sedute. Intanto arrivano ancora richieste di dimissioni al ministro, ieri nuovamente dal capogruppo Pd al Senato, Francesco Boccia, che sottolinea: “Giorgetti è ostaggio del populismo e degli anti europeisti e non è adeguato a ricoprire quel ruolo: sia coerente e si dimetta. Non permetteremo che l’Italia si trasformi nell’ultima ruota del carro di un’Europa che abbiamo fondato”. Il leader di Iv, Matteo Renzi, ha un bersaglio diverso: “A dimettersi dovrebbe essere Tajani. Sempre in campagna elettorale, non fa toccare palla all’Italia a livello internazionale”. E pungente, sebbene sibillino, è il commento di un politico esperto come Pier Ferdinando Casini: “Negli anni ’80 c’era un leader importante della Dc che, a proposito di un esponente di governo dell’epoca, mi diceva: “È un uomo intelligente, ma non è un ministro di polso, al massimo di polsino…”. Non abbiamo fatto un voto ideologico ma pragmatico”. Ma i dem insistono, con la capogruppo alla Camera, Chiara Braga, che spiega: “Aspettiamo Giorgetti in commissione Bilancio il 27 pomeriggio. Ci fa sapere che parlerà solo di manovra. Mi domando come potrà sottrarsi dallo spiegare al Paese le conseguenze del fallimento del suo governo in Europa di questi giorni”. Duri attacchi da Italia Viva, con Luigi Marattin che ironizza: “Giorgetti: ‘Sulle mie dimissioni decido io’. Mi sembra giusto. Visto che sul resto non decide nulla”. Per il collega di partito Enrico Borghi, il no al Mes di FdI-Lega-M5S “è anche un assist a Mosca”. Mentre per il leader di Azione, Carlo Calenda, su Mes e Patto di Stabilità “questo governo ha fatto tutto al contrario e ne pagheremo le conseguenze”. Dalle parti del governo, invece, si fa quadrato intorno al ministro e si ribadisce la compattezza della maggioranza. Secondo Matteo Salvini, vice premier e leader della Lega, la posizione di Giorgetti non è indebolita dalla bocciatura del Mes. “Assolutamente no”, dice, aggiungendo che “il Mes era uno strumento inutile, superato, non utilizzato e dannoso”, e dopo il no del Parlamento “lo spread è sceso”. “Abbiamo fatto quello che era nostro dovere per difendere i risparmi e il lavoro degli italiani.
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