di Mario De Michele
Solitamente non amo rispondere a mezzo stampa ad accuse diffamatorie. È mia abitudine presentare denuncia-querela per far valere le mie ragioni in sede giudiziaria. Stavolta mi corre l’obbligo, oltre che di incaricare, come ho già fatto, il mio legale per adire le vie legali, di rispondere a un post Fb di Alfonso Oliva, per due ordini di motivi. Il primo: le accuse provengono da una figura istituzionale, il vicesindaco di Aversa. Il secondo: va bene tutto, ma ricevere lezioncine morali da uno come lui sarebbe davvero troppo anche per la persona munita di tutta la pazienza del mondo. Premessa: come al solito, il vicesindaco pensa di fare il furbetto del quartierino non citando il mio nome nel post, nel tentativo di salvaguardarsi da eventuali azioni legali in sede civile e penale. È in parte giustificato. Non essendo un avvocato di grido, evidentemente non conosce la sentenza n. 10762/2022 della Corte di Cassazione che ha stabilito quanto segue: “Non è necessario che si riportino nome e cognome della persona oggetto di offese affinché la pubblicazione di un post lesivo possa integrare il reato di diffamazione aggravata a mezzo Facebook. Basta che si menzionino particolari utili alla sua identificazione”. Anche un “avvocatuzzo che è riuscito a strappare uno straccetto di laurea”, come direbbe Gramsci, conosce l’importante novità introdotta dai giudici di legittimità. Ho citato il nocciolo della sentenza degli Ermellini perché nutro forti dubbi sul fatto che Oliva ne sia a conoscenza, essendo molto più esperto di questioni legali di “taglio” amministrativo, come dimostrano le parcelle faraoniche percepite dal Consorzio Idrico Terra di Lavoro, per un totale di 280mila euro, di cui parlerò in seguito. Sarebbe un bene, per loro, che anche i leoni da tastiera comprendessero l’inutilità di non citare il nome della persona offesa quando il post è chiaramente riferibile ad essa. Perché poi sarebbe altrettanto inutile venire a “piangere” pregandomi di rimettere la querela.
I GIORANALISTI RADIATI DALL’ALBO E IL CONTO CON LA GIUSTIZIA
Arriviamo al post di Oliva, pubblicato sul suo profilo Fb che conta ben 5.913 follower. Ecco il testo integrale: “Ci sono Giornalisti, giornalisti, pennivendoli, riproduttori seriali e poi ci sono quelli che si sparano da soli!!! Si, proprio quelli radiati dall’ordine, che se non gli commissioni la pubblicità, scrivono “fake news” diffamatorie. La campagna elettorale è finita e con essa i contributi dei “big”: trovati un lavoro… La mia dignità non ha prezzo, la tua l’hai più volte messa in sottocosto”. Il riferimento al sottoscritto è solare. Ma l’impavido Oliva non ha avuto, in questa circostanza, l’ardire di scrivere il mio nome. “È facile essere coraggiosi a distanza di sicurezza”, per dirla con uno scrittore greco, probabilmente sconosciuto al nostro vicesindaco. Ma la sostanza, come detto, non cambia. In più occasioni, sia pubbliche che private e in tutte le sedi, il sottoscritto ha ammesso di aver commesso gravi errori, a causa, ma non è un’attenuante, di una fase difficile della mia vita. Senza nascondermi dietro alibi o giustificazioni strumentali, ho deciso di pagare il mio conto con la giustizia, rinunciando a buttare la palla in calcio d’angolo. Non sarebbe stato giusto che i miei errori fossero stati lavati con l’ipocrisia della prescrizione. Rifuggo in questa sede dal ricostruire una vicenda con tantissime sfaccettature. Non è facile dare risposte facili a domande complesse. Ho scelto di pagare per quanto fatto. Ed è giusto così. Mi limito a dire che la vicenda alla quale fa riferimento Oliva risale a ormai 5 anni fa. Nessuna accusa ha riguardato la mia attività di giornalista. Dagli atti giudiziari è emerso che ho sempre svolto la mia professione “senza guardare in faccia a nessuno”. Proprio per questo, ed è la prima brutta notizia per il vicesindaco, non sono mai stato radiato dall’ordine.
COMMISSIONI PUBBLICITARIE E COMPRENSIBILI VUOTI DI MEMORIA
Oliva scrive, riporto testualmente dopo aver effettuato uno screenshot come prova indelebile: “Si, proprio quelli radiati dall’ordine, che se non gli commissioni la pubblicità, scrivono “fake news” diffamatorie. La campagna elettorale è finita e con essa i contributi dei “big”: trovati un lavoro… La mia dignità non ha prezzo, la tua l’hai più volte messa in sottocosto”. Piccola parentesi grammaticale: “Si” andava scritto accentato, perché l’avverbio affermativo richiede sempre l’accento. Tralasciamo gli errori di punteggiatura. Per carità, nessun affronto a Oliva: non è detto che un avvocato sia anche un fine linguista, ne abbiamo avuto testé la conferma. Secondo il vicesindaco di Aversa, io farei parte dei giornalisti che “se non gli commissioni la pubblicità, scrivono “fake news” diffamatorie”. E aggiunge: “La campagna elettorale è finita e con essa i contributi dei “big”: trovati un lavoro”. Forse in preda al legittimo nervosismo dettato dalla possibilità sempre più imminente di perdere la delega di vicesindaco e a seguire la poltrona di assessore, Oliva casca proprio male. Non ricorda, infatti, che quando si è candidato alle regionali del 2020 nella lista di Fratelli d’italia, lui, proprio lui, ha “commissionato” al sottoscritto un banner da pubblicare sul portale Campania Notizie, oggi Italia Notizie. Ci sono le prove anche di questo ameno episodio. Ma quello che stranamente Oliva non ricorda è che il sottoscritto non gli fece pagare nemmeno un euro per la pubblicazione. Tra di noi intercorreva un buon rapporto, non solo professionale, ma anche personale, al punto che abbiamo assistito assieme a diverse partite del Real Aversa allo stadio Bisceglia. Oliva ha il coraggio di smentirlo? C’è di più. Quando l’allora candidato alle regionali Oliva ha commissionato un banner elettorale al sottoscritto, le mie vicissitudini giudiziarie erano già arcinote da quasi un anno. Come mai Oliva se ne ricorda solo ora? E ancora. Quando non passò il bilancio in consiglio, durante il mandato di Alfonso Golia, il sottoscritto pubblicò su Campania Notizie, oggi Italia Notizie, un articolo intitolato: “Non passa il bilancio, Aversa è libera”. A stretto giro, sentii al telefono Oliva è dicemmo all’unisono: “Aversa è libera”. È falso? Non solo. Dopo l’insediamento della prima giunta Golia, il sottoscritto è stato il giornalista più impietosamente critico nei confronti del sindaco e della maggioranza. Non è vero?
LA DIGNITÀ DEL VICESINDACO E LE PARCELLE DA 280MILA EURO
Infine la frase conclusiva del post di Oliva: “La mia dignità non ha prezzo, la tua l’hai più volte messa in sottocosto”. Anche qui il vicesindaco di Aversa soffre di amnesia. Riporto testualmente un articolo pubblicato dal collega Gianluigi Guarino sul portale Casertace: “Nel 2015 Oliva ha scritto una lettera di legittimo sollecito di parcelle professionali non liquidate dal Consorzio Idrico. Tenetevi forte: difese al Tar, Consiglio di Stato che ci infliggono una lezione che richiamano la nostra ignoranza, dato che noi ignoravamo che Oliva avesse un’attività di grande avvocato amministrativista così intensa. Ogni causa, 70mila euro. E chi ci fa l’avvocato Coppi, grande cassazionista; che ci fa Perry Mason, attualizzando il cambio del dollaro degli anni 50 e degli anni 60! Oliva, ripetiamo, legittimamente, rivendicava la liquidazione di 4 parcelle da 70mila euro, relative ad attività da lui svolte tra il 2010 ed il 2013. 70mila per quattro fa 280mila euro, a cui aggiunge un’altra parcella da 40mila euro per un totale di circa 320mila euro. Evidentemente ebbe qualche acconto, perché il sollecito a pagare espone una cifra superiore ai 290mila euro. Quelli del Consorzio Idrico, che pure erano abituati a cifre vertiginose per gli incarichi esterni, anche in quel periodo in cui non era Pasquale Di Biasio presidente, sbandavano un bel po’ ed offrivano ad Alfonso Oliva una transazione. Il Consorzio chiese uno “sconto” di 30mila euro e chiese ad Oliva di accettare una liquidazione in 30 rate da 8251 euro e 67 centesimi al mese per 30 mesi, ossia due anni e mezzo. Magnanimamente, Oliva accettò e dunque, dobbiamo ritenere che entro il 2018, forse entro i primi mesi del 2019, abbia intascato circa 250mila euro per parcelle professionali, che aggiunti ai probabili 30mila euro che aveva avuto in acconto prima del citato 2015, fanno circa 280mila euro”. Che dire? È proprio vero: la dignità di Oliva non ha prezzo.
Ultima annotazione. Se un segretario comunale definisce “pezzo di m…” un amministratore locale ci sarà un perché? E soprattutto che colpa ne ha il giornalista a riportarlo? Altro che fake news. Ci sono almeno tre esponenti della maggioranza pronti a testimoniarlo. Li citiamo in giudizio? Magari assieme a chi, per come si veste e per come si comporta, farebbe un figurone sul litorale domizio. A volte Facebook è peggio di un postribolo. Ma questa è un’altra storia. Lasciamo stare. Finiremmo in un buco nero.
IL POSTO DI ALFONSO OLIVA