«Minchia, quello va a fare Matteo Renzi! Dai però…». Persino il super poliziotto Carmine Gallo, oggi agli arresti domiciliari, è sorpreso dalle ricerche che Enrico Pazzali chiede di fare ai suoi collaboratori. C’è anche il nome dell’ex premier tra i personaggi schedati dalla centrale degli spioni. Assieme a quello del presidente del Senato Ignazio La Russa, dell’ex sindaca di Milano Letizia Moratti, di imprenditori, artisti o perfetti sconosciuti. È il motivo per cui, secondo il pm di Milano Francesco De Tommasi, i protagonisti della banda sono «soggetti pericolosissimi». Capaci, attraverso il «dossieraggio abusivo», di tenere «in pugno cittadini e istituzioni». Nei loro database, gli obiettivi sono indicati per colore: rosso, giallo o verde, per monitorare le rispettive posizioni giudiziarie. Lo chiamavano il sistema del «semaforo».

«Metti che io gli do rosso a Matteo Renzi, che ancora è in fase di trattativa della condanna. Quello…», rimugina nel gennaio del 2023 Nunzio Calamucci, uno dei protagonisti dello spionaggio illegale. Gallo è fuori di sé per la ricerca sul senatore. Addirittura «scioccato», lo definiscono i pm. Il collaboratore annuisce: «Ci inc…, ci manda qua la Finanza, i Servizi, i contro Servizi!». Passano quattro mesi, arriva la primavera, e il 19 maggio Pazzali raggiunge il quartier generale che affaccia sulle vite degli altri in via Pattari 6, quattro minuti di cammino dal Duomo. Deve discutere con lo staff di come migliorare “Beyond”, il software acchiappa segreti. Già che c’è, chiede un dossier scottante. «Fammene un altro nel frattempo: Ignazio La Russa, del cinquantatrè». Sbaglia anno di nascita, ma l’uomo nel mirino è la seconda carica dello Stato: «Vai giù, giù…questo! Diciotto luglio, esatto, abita in…». Si continua sulla sua famiglia: «Metti anche un altro se c’è. Come si chiama l’altro figlio? Prova Geronimo La Russa», primogenito del presidente del Senato. Pazzali, allo smanettone accanto a lui, chiede ancora, riferendosi al terzogenito: «Leonardo sull’intelligence non ha niente?».

Fuori dagli uffici della “Equalize”, Pazzali, ha una seconda vita. È infatti il presidente della Fondazione Fiera e «nutre ostilità» nei confronti di un manager dell’ente. Che a suo dire, come si deduce dalle intercettazioni, «per essere confermato va da Salvini, o da Santanchè, o da Renzi». Il senatore, come si è visto, è oggetto di attenzioni. Anche la ministra, da quanto traspare dalle carte, è schedata come «persona esposta politicamente», tanto che a un certo punto gli indagati, nel riordinare gli archivi, digitano persino il suo nome a mo’ di test per vedere se tutto funziona correttamente. Detto ciò, Pazzali cerca «informazioni compromettenti» nei confronti del dirigente rivale, perché «ho bisogno di mettere un po’ di zizzania». In questo contesto, l’ex poliziotto Gallo mette in guardia Pazzali dei rischi che corre visto la rilevanza pubblica del suo ruolo nella Fondazione Fiera. Durante un colloquio intercettato, spunta un’altra vittima dei dossier: Carlo Sangalli, già vicepresidente di Fiera Milano, politico, imprenditore, presidente di Confcommercio. «Forse riesco a ottenere la sentenza che ti interessava di Carletto lì…Sangalli – promette Gallo –. Sta ancora in carica questo, tutti i giorni ha un sacco di incarichi. Minchia oh, e poi parla, prende una barca di soldi».

L’ossessione di Pazzali sono i «competitor politico-economici», suoi o di persone politicamente a lui legate «come Attilio Fontana, presidente della Regione Lombardia», è la tesi della procura. Per questo motivo chiede informazioni riservate su persone legate a Letizia Moratti, che a fine 2022 annuncia la candidatura a presidente della Regione. «Scusami, ti ho girato un sito, è quello nuovo della Moratti per lanciarsi contro Fontana», scrive Pazzali a Gallo. Agli investigatori appare chiaro che è in cerca di notizie negative verso i componenti del comitato del consiglio direttivo di “Lombardia migliore”, che fa capo all’ex sindaca. «Guarda se c’è qualcuno d’interesse da verificare». Spulciati i nominativi, l’attenzione cade sull’ex consigliere regionale Marco Tizzoni e sul politico Tiziano Mariani. L’obiettivo: «Mettere in cattiva luce l’immagine di Moratti e favorire Fontana». Al di là dell’eventuale peso che possono aver avuto i dossier, vince il secondo.

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