In carcere, oltre al supporto spirituale e materiale, suor Anna Donelli veicolava messaggi, direttive e ordini. Il medico medicava e ricuciva, fuori dall’orario di lavoro, affiliati rimasti feriti sul campo. In cambio della promessa di voti, il politico invece prometteva appalti e commesse. Sono finiti tutti e tre ai domiciliari. Nella loro stessa condizione ci sono altre otto persone. Peggio invece è andata ad altri quattordici: per loro si sono aperte le porte del carcere. L’accusa che la Direzione distrettuale antimafia di Brescia contesta loro a vario titolo è di associazione per delinquere di stampo mafioso finalizzata alla commissione di diversi reati: dall’estorsione all’usura, dal riciclaggio di autoveicoli, dalla corruzione di pubblici ufficiali, al voto di scambio; dall’emissione di fatture per operazioni inesistenti, fino al traffico di droga e armi, dalle pistole Glock alle mitragliette Uzi. Secondo la Procura di Brescia che ha chiesto e ottenuto le misure di custodia cautelare e il giudice delle indagini preliminari Andrea Guerrerio che le ha ordinate, l’associazione era riuscita ad ottenere la gestione di diverse attività economiche nel settore delle pasticcerie, oltre che diversi appalti, servizi, concessioni e autorizzazioni.
Per gli inquirenti al vertice della «locale» bresciana, operativa in particolare tra Flero e Castel Mella, c’era il «santista» Stefano Terzo Tripodi, 64enne originario di Sant’Eufemia dell’Aspromonte e di casa a San Zeno sul Naviglio. E’ lui a dirigere le operazioni, a coordinare l’attività criminale, ma anche quella economica. Sempre lui, soggetto ritenuto organico alla ‘Ndrangheta, a gestire i rapporti con la Società Maggiore, in particolare con la cosca calabrese Alvaro di Sinopoli. Braccio destro di Stefano Tripodi è il figlio Francesco. Per la Dda bresciana oltre a dirigere le attività illecite e lecite insieme al padre, il 42enne ha il compito di stabilire le punizioni da impartire agli affiliati che contravvengono alle regole e di gestire i rapporti con le altre locali di tutto il territorio lombardo. Uomini di fiducia dei Tripodi, per l’accusa, sono invece Loris Maraffini, Claudio Ruggeri, Pietro Di Bella, Andrea Costante e Vincenzo Maria. Tra questi c’è chi si attiva per realizzare i proventi dei reati fiscali, chi si preoccupa di dotare l’associazione di impianti di vigilanza in grado di eludere i controlli delle forze dell’ordine, chi ricicla le auto e i furgoni rubati e chi si occupa della riscossione dei crediti.
Le estorsioni, delle quali gli investigatori della Squadra Mobile di Brescia, hanno avuto prova tramite intercettazioni telefoniche e ambientali, riuscivano grazie al più classico campionario di minacce mafiose. «Gli abbiamo cacciato gli automatici (le armi ndr) e li abbiamo portati sotto e gli ho detto: adesso scavate le buche e vi infiliamo li dentro» si legge tra le altre cose nei brogliacci finiti sulla scrivania dal gip. Per il gip suor Anna Donelli, invece, aveva un ruolo decisivo nei rapporti tra i vertici della «locale» e gli affiliati detenuti. A dirlo, nel corso di comunicazioni intercettate, sono gli stessi vertici dell’associazione, che parlano della «monaca» e del suo ruolo da messaggera. Che l’assistente spirituale nelle carceri di Milano e di Brescia non fosse un’inconsapevole tramite è convinzione del giudice che ha firmato l’ordinanza di custodia cautelare. La suora, si legge nell’ordinanza, sa del potere dei Tripodi e lo conferma quando riferisce al boss di aver tranquillizzato una nipote, vittima di un incidente stradale, dicendole che ci avrebbe pensato lei tramite i suoi amici.
A Mauro Galeazzi, candidato sindaco di Castel Mella per la lista «Lega Viola Galeoni Sindaco» nel 2021, secondo gli inquirenti, Tripodi fece avere denaro attraverso canali non istituzionali e garantì il suo supporto alle elezioni. La speranza del «santista» di mettere le mani su alcuni appalti, per l’accusa, era ben riposta dato che Galeazzi, stando alle intercettazioni, non si sarebbe limitato a promesse generiche, ma avrebbe indicato nella futura Casa di Riposo del paese il premio per il suo appoggio. In politica, in qualità di consigliere comunale FdI, c’era anche il medico Giovanni Acri. Calabrese al pari dei vertici dell’associazione secondo la Dda bresciana il professionista, a sua volta ai domiciliari con l’accusa di concorso esterno, non si sarebbe limitato a fornire supporto morale e materiale, come la cura di un affiliato rimasto ferito nel corso di una rapina, ma ai Tripodi avrebbe chiesto aiuto riguardo all’apertura di un centro migranti che intendeva, con altri, aprire nella provincia di Reggio Calabria. Oltre agli arresti il gip ha disposto anche il sequestro preventivo di somme per circa un milione e 800mila euro e perquisizioni in tutta Italia: da Brescia a Reggio Calabria, da Milano a Viterbo, ma anche a Como, Lecco, Varese, Verona e Treviso.