Fare propaganda elettorale è un conto. È legittimo e comprensibile. Raccontare balle spaziali è tutta un’altra storia. È inaccettabile e scorretto. Allarga il già profondo solco della mistificazione. Sul sito ufficiale del comune di Cesa, in parte ridotto a bollettino di regime, è stata pubblicata una nota stampa intitolata “Edilizia privata: adottate misure di contrasto alle infiltrazioni mafiose”. Nel comunicato si legge testualmente: “Prevenire le infiltrazioni mafiose nell’ambito del settore dell’edilizia privata: è questo il senso di due iniziative che l’amministrazione comunale ha deciso di introdurre. La prima, attraverso una delibera di giunta, chiede al responsabile del servizio Urbanistica di adottare dei provvedimenti specifici in materia di Piani urbanistici attuativi. L’altra è una lettera alla Prefettura, con la quale si chiede la stipula di una convenzione sul punto”. Il sindaco Enzo Guida che, a quanto pare ha già rinunciato a rinunciare alla ricandidatura come annunciato con un post Fb tragicomico, osserva quanto segue: “Il settore dell’edilizia privata non essendo oggetto di particolari controlli antimafia, come avviene nel segmento degli appalti pubblici, potrebbe diventare preda delle aziende mafiose. Vogliamo evitare che ci siano infiltrazioni in questo settore. Anche perché il nostro territorio, dovendo essere attuato il Piano urbanistico comunale, prevede una espansione in tal senso”.
Bene, bravo, bis. Come farlo? Introducendo, recita un passo della nota, “l’obbligo per i soggetti attuatori dei Pua di presentare autocertificazioni antimafia, con verifiche effettuate tramite la piattaforma digitale Banca Dati Nazionale Antimafia, garantendo controlli più rapidi ed efficaci”. Caspita! Che bella trovata. Come se i clan non avessero a disposizione prestanomi e ditte di facciata, le famigerate “scatole cinesi”. Guida da avvocato penalista conosce sicuramente la schiera di imprenditori-prestanome al servizio di imprenditori-camorristi. E quindi? Quindi si tratta di ridicola propaganda. Sarebbe molto più efficace una piccola regola comportamentale: chi governa la città non deve frequentare prestanomi della camorra. Altrimenti sono proprio gli amministratori-controllori a facilitare l’ingresso dei colletti bianchi delle cosche nei lavori per l’edilizia privata.
La seconda misura è davvero esilarante. Il sindaco Guida e Domenico Mangiacapra, unico presidente del consiglio al mondo ad avere pure una delega di governo, guarda caso quella all’Urbanistica in tempo di Puc, hanno inviato alla Prefettura di Caserta una proposta di elaborazione di un protocollo di intesa, affinché siano estesi i controlli antimafia a tutte le iniziative di edilizia privata. A parte il fatto che il prefetto non ha per nulla bisogno delle sollecitazioni della maggioranza consiliare nella lotta alla camorra. Tra la Prefettura di Caserta e il comune di Cesa ci fidiamo della prima e non del secondo. Ma come si fa a non sapere, un avvocato penalista di medio livello ne è perfettamente a conoscenza, che l’attività antimafia è svolta dalla Dia e dalla Dda. Guida e company stiano sereni, si fa per dire. C’è già chi accenderà i riflettori sia sui lavori privati che su quelli pubblici.
Il comunicato stampa si chiude con una chicca: “Questi provvedimenti – conclude il sindaco – vogliono rappresentare una decisa risposta alle sfide legate alla tutela della legalità sul territorio e confermano la volontà dell’amministrazione comunale di operare con trasparenza, proteggendo la comunità da fenomeni di infiltrazione criminale”. Ah sì? Allora, per essere coerenti, bisognerebbe tagliare tutti i “ponti”, soprattutto quello che conduce a parentele scomode e ingombranti. E per essere davvero amministratori anticamorra si sarebbe dovuto impedire l’approdo negli uffici comunali di personaggi provenienti proprio dall’altra parte del ponte.
Ci vuole una bella faccia tosta per brandire la lotta ai clan come grimaldello elettorale. Va bene la propaganda. Ma le balle spaziali no, grazie. E non finisce qui. Un altro goffo tentativo di prendere in giro l’opinione pubblica consiste nel travisare la realtà sui sequestri e le confische dei beni alle cosche. Le amministrazioni comunali non svolgono alcun ruolo. È esclusivo merito della magistratura e delle forze dell’ordine togliere dalla disponibilità dei clan beni immobili e mobili, ovvero case, ville, palazzi o conti correnti e soldi frutto di attività malavitose. Nel 2010 è stata istituita l’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. In collaborazione con l’autorità giudiziaria, l’Anbsc gestisce l’intero processo finalizzato alla destinazione dei beni sequestrati e poi confiscati in via definitiva, affinché vengano restituiti alle comunità e ai territori attraverso il loro impiego per scopi sociali o istituzionali. Per fortuna la vera lotta alla camorra la conduce lo Stato, non gli enti locali. Guida e i suoi boys, per una volta, dicano la verità. Mentire anche su questo è un’indigesta presa per i fondelli dei cittadini ed è offensivo verso chi ogni giorno è davvero in prima linea contro le mafie.
Mario De Michele