Ci sono gli assessori tecnici senza alcun bagaglio politico. Ci sono gli assessori politici che stanno alla politica, quella nobile, come Dracula sta all’Avis. Ci sono gli assessori incapaci. E quelli attaccati alla poltrona. Oppure quelli da parata, sepolcri imbiancati che sperano di ripulire il marcio che si portano dentro con la carica istituzionale. Poi ci sono gli assessori che pensano soltanto ai propri interessi, bottegai del negozio “Miseria umana e morale”, purtroppo aperto h24. Ma, per contegno e spessore, ci sono per fortuna anche gli assessori come Mariano D’Amore. Una specie in via di estinzione che antepone a tutto e a tutti la crescita e il benessere della città. E soprattutto che considera l’impegno politico-amministrativo esclusivamente finalizzato alla risoluzione dei problemi della gente, a dare risposte alle istanze della collettività. Perché, altrimenti, il ruolo dei governanti è svuotato da ogni significato e deprivato di senso esaurendosi in modo funesto nella gestione del potere fine a sé stesso o, peggio ancora, fine a sé stessi. Di fronte al fallimento amministrativo gli assessori come D’Amore passano la mano, dicono “basta, il mio percorso finisce qui”. Senza pontificare, né autoassolvendosi, ma con la totale assunzione di responsabilità, anche quelle non sue, perché ha fatto parte di una squadra e a quella squadra non volta le spalle puntando il dito o salendo sul piedistallo. Non a caso per non mettere in difficoltà Franco Matacena gli ha comunicato che resterà in carica fino all’individuazione del nuovo assessore al Bilancio, ma non oltre il 30 giugno.

Mariano D’Amore

“Ho sempre detto – afferma D’Amore – che finché avevo la speranza di contribuire a risolvere i problemi della popolazione, dando risposte celeri e efficaci, avrei continuato a lavorare per Aversa. Oggi ho la consapevolezza che non ci sono le condizioni per coltivare ancora quella speranza per cui preferisco farmi da parte, nell’auspicio che il sindaco, mio carissimo amico, e l’esecutivo possano trovare la strada giusta”. Basterebbe questo per collocare D’Amore nell’Olimpo delle persone serie, perbene e di qualità uniche. L’Italia è la nazione in cui non si dimette mai nessuno. È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago che un politico molli la poltrona. Cerchiamo di comprendere più a fondo le motivazioni di una scelta drastica e ammirevole allo stesso tempo. Ma il professore D’Amore non vuole alimentare polemiche sterili. Soltanto dopo un fuoco di fila di domande si concede una riflessione sacrosanta. “Per amministrare una città importante come Aversa servono scelte coraggiose. Gli ultimi eventi non vanno in questa direzione. Ripeto, mi assumo pienamente tutte le mie responsabilità, ma va detto che mi sono sempre limitato a svolgere al meglio il ruolo tecnico che mi è stato assegnato, non ho mai invaso il campo della politica”.

Franco Matacena

In cosa serviva più coraggio? Su questo punto D’Amore non ha dubbi: “Sono convinto che ai cittadini non interessi nulla se la delega al Bilancio ce l’abbia io oppure un altro assessore. La gente pretenda, giustamente, che la città sia ben amministrata, sia pulita, sia ordinata. Ci sono problemi che in 11 mesi non siamo riusciti a risolvere, bisogna prenderne atto. Io l’ho fatto, tutto qui”. Ma il coraggio è mancato anche nella rimodulazione delle deleghe, assegnate dopo una lunga crisi. In effetti, è difficile cogliere una vera discontinuità oppure intravedere novità significative. “Non sono mai intervenuto su queste questioni – rimarca D’Amore – ma quando mi è stato sottoposto il decreto mi è stato difficile scorgere le differenze”.

Ecco, le differenze. Questo è quello che ha indotto Mariano D’Amore a fare un passo di lato. Lui è differente da tutti gli altri. E pensa differente, per citare un celebre spot della Apple. Come detto, fa parte di una specie in via di estinzione. Il grande rammarico è che ai giorni nostri nel mondo della politica scompare uno come D’Amore mentre vivono e vegetano molluschi e parassiti, o nella migliore della ipotesi, personaggi in cerca d’autore che nemmeno Pirandello avrebbe mai ingaggiato. In bocca al lupo prof.

Mario De Michele

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