di Mario De Michele

Il gioco al massacro è lo sport più praticato nel Pd casertano. È inarrestabile la furia autolesionistica di un partito da molti anni impelagato in sanguinarie e interminabili guerre tra clan. In una girandola perpetua si alternano i nomi dei presunti responsabili delle lotte fratricide e dei nemici interni, l’ultimo della lunga lista era Gennaro Oliviero, ormai fuori dal perimetro dem. Ma la storia si ripente con la puntualità di un orologio svizzero. Anche in vista delle regionali del 23 e 24 novembre il motto “Tutti per uno, uno per tutti” è stato accantonato per fare spazio all’utilitaristico “Ognuno per sé e Dio per tutti”. Invece di anteporre l’interesse del Pd i big(?) democrat preferiscono coltivare il proprio orticello. Il giardiniere più esperto è Stefano Graziano. Non avendo la forza politica e i numeri per mettere finalmente le mani sul partito di Terra di Lavoro (ci sta provando invano da decenni), il deputato di Teverola si affida come sempre al fuoco amico, all’eliminazione diretta dei competitor con i soliti e arcinoti giochetti romani. Dalle comode poltrone del Transatlantico lavora per mutare l’assetto del partito provinciale con tatticismi e strategie allergiche al confronto democratico.

Stefano Graziano

Ma finora le mosse scontate di Graziano non hanno scalfito il muro di Susanna Camusso. Il commissario del Pd non si è fatto raggirare dai trucchetti del mestiere del deputato. Non ha abboccato all’amo. Ha “pesato” Graziano. E ha capito al volo che non gli stanno a cuore le sorti del partito. Il suo unico obiettivo è garantirsi alle politiche del 2027 l’ennesima candidatura dall’alto nel listino bloccato per accaparrarsi per un altro quinquennio uno scranno in Parlamento, dove nella legislatura in corso si è contraddistinto per inattività e inconsistenza. Graziano è un habitué del Nazareno. È quello il luogo sacro dove si decidono gli eletti a tavolino. Non a caso un secondo dopo la vittoria di Elly Schlein ha mollato Stefano Bonaccini e Pina Picerno per accasarsi tra le mura amiche di Francesco Boccia, capogruppo dem al Senato. Come al solito Graziano cade sempre in piedi. La sua priorità è la caccia al tesoro del posto “sicuro”. Ed è sempre il primo a salire sul carro dei vincitori. Ma se a Roma, grazie al rapporto fraterno con Boccia, è riuscito anche stavolta a restare a galla, in provincia di Caserta, la sua terra, è poco più visibile di un fantasma, sia fisicamente che sul piano politico.

Susanna Camusso

Per impedire a Graziano di arrecare altri danni al Pd provinciale la Camusso ha deciso di stilare la lista alle regionali all’insegna del “cambiare tutto”. Per la senatrice i candidati dem devono essere volti nuovi. E per nuovi si intende che non devono avere lacci e lacciuoli con la storia recente e passata del partito. Un vero e proprio repulisti. Oltre a essere un salto nel buio, la linea del commissario è debolissima dal punto di vista politico e perniciosa sul piano elettorale. Puntare sui “volti nuovi”, ovvero su persone meno esposte nel Pd, è una contraddizione in termini politici. È come dire che la lunga militanza e l’impegno in prima linea nel partito sono dei demeriti, non pregi da valorizzare. In altre parole sarebbe l’apogeo dell’antipolitica e una condanna senza appello all’attivismo partitico. Un nonsense.

Solo per fare qualche esempio, come si fa a bocciare i nomi, dati per papabili candidati, di Marco Villano, Lucia Esposito, Massimo Schiavone e Camilla Sgambato? Villano milita nel Pd dalla sua nascita, ha ricoperto ruoli di primo piano nel partito e nelle istituzioni (è stato vicesindaco di Aversa). Per quale motivo plausibile dovrebbe essere escluso dalla lista delle regionali? Essere il figlioccio politico di Graziano non inficia la sua militanza e il suo impegno nel Pd. Spetta al popolo dem decretarne la vittoria o la sconfitta elettorale. Ma Villano ha tutte le carte in regola per mettersi in gioco. Idem per Esposito. Già senatrice e consigliere regionale democrat, da sempre in frontiera per il partito, è senza alcun dubbio un nome più che valido (verrebbe da dire “ce ne fossero”) per concorrere per un posto nel parlamentino campano. Per non parlare di Schiavone. Giovanissimo medico, laureato con 110 e lode all’Università Cattolica di Roma, è stato in lizza alle regionali del 2020, ottenendo un ottimo risultato, e appena un anno fa è stato candidato alle europee su richiesta del commissario dei dem campani Antonio Misiani. Per quale ragione precludergli la possibilità di candidarsi? Anche la Sgambato porta in dote un curriculum politico-istituzionale di tutto riguardo. Basta ricordare che ha ricoperto la carica di deputato e ha fatto parte della segreteria nazionale del Pd. Tanta roba.

Gennaro Oliviero

In parallelo alle valutazioni politiche cammina l’esito elettorale. Alle ultime regionali il Pd casertano toccò quota 60mila voti. Oliviero ne incassò 20mila, guai dimenticarlo. Ma il tetto minimo resta comunque quello delle 50mila preferenze, altrimenti sarebbe una disfatta, anche perché a livello nazionale il partito della Schlein è dato negli ultimi sondaggi attorno al 23%. Per dare un’iniezione di fiducia ai dem di Terra di Lavoro e favorirne una ripresa serve quanto meno una discreta affermazione elettorale. Un tonfo rischierebbe di affossare un partito perennemente costretto a ripartire da zero. E troppe false partenze, si sa, implicano disaffezione e fughe in altri lidi.

Elly Schlein e Vincenzo De Luca

Infine non si possono trascurare le componenti dem. Se il correntismo è considerato a buon diritto un male da estirpare, il confronto interno in un partito che si definisce fin dal nome democratico è ineludibile. Del resto, nella misura in cui addirittura Schlein è scesa a patti con il governatore Vincenzo De Luca e la sua area dopo una lunga stagione di veleni, sarebbe fuori dal mondo allestire la lista casertana del Pd senza tener conto delle diverse sensibilità politiche all’interno del partito. Altrimenti detto: in Campania non è più il tempo della guerra ai cacicchi e delle faide, la segretaria nazionale ha inaugurato la fase del confronto. A partire proprio da chi, come De Luca senior, nel Pd milita da sempre, ricoprendo cariche istituzionali di primissimo livello. Ne discende che il repulisti della Camusso a Caserta non poggerebbe su nessuna base. Sarebbe un castello di carta, destinato a sbriciolarsi appena dopo lo scrutinio dell’ultima scheda elettorale. Un suicidio politico, insomma. E per i dem di Terra di Lavoro rinascere sarebbe un’impresa impossibile anche qualora come nuovo segretario provinciale fosse eletto Tom Cruise.

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