“Io ho rispettato la scelta del Pd di avallare il governo tecnico pur non condividendola. Ma, in prospettiva, l’Italia che vogliamo è quella che impugna ricette liberiste classiche come quelle che ha in mente un onesto tecnocrate come Mario Monti, oppure quella che ricostruisce un rapporto tra libertà e lavoro, le idee riformiste che fanno riferimento a Keynes? Non sto proponendo un programma radicale: sto proponendo il programma di Francois Hollande”.
Lo dice al Messaggero il leader di Sel Nichi Vendola che non chiude la porta al patto tra progressisti e moderati auspicato ieri sul medesimo quotidiano da Massimo D’Alema. “Io – aggiunge Vendola – ho imparato da miei amici del Pd l’importanza di definire prima il profilo programmatico e poi la logica delle alleanze. Io voglio capire innanzitutto qual è la meta che ci prefiggiamo”. “A D’Alema rispondo: è vero, si è chiuso il ciclo del predominio del partito-azienda, del mercantilismo esasperato – dice Vendola – Ma si è chiuso politicamente, mentre la semina che ha prodotto non è scomparsa. E dunque per me seppellire il berlusconismo significa tornare a parlare ad esempio di lavoro in una logica di radicale discontinuità rispetto a quello che hanno fatto ministri come Sacconi. Invece vedo che il governo Monti si presenta in conclamata continuità con quel passato”. “Trovo una stridente contraddizione – prosegue il leader di Sel – tra il peso che il Terzo Polo ha nel dibattito pubblico e quello che ha nel sentimento diffuso dell’opinione pubblica. Bisognava andare a ‘Chi l’ha vistò per capire in queste elezioni dov’era finito”.