Dipese dalla depressione seguita a vessazioni subite sul posto di lavoro e fu quindi l’epilogo di una malattia professionale il suicidio, il 10 marzo del 2001, di un impiegato di un’azienda di tabacchi di Citta’ di Castello. Lo ha riconosciuto la sezione lavoro della Corte d’appello di Perugia condannando l’Enpaia, che gestisce la tutela per gli infortuni e le malattie professionali degli impiegati in agricoltura, a versare ai familiari del lavoratore la prestazione prevista in caso di morte derivante da malattia professionale.
I giudici hanno cosi’ accolto il ricorso presentato per conto della vedova e delle figlie dell’impiegato, allora cinquantenne, dall’avvocato Siro Centofanti che ha reso nota la decisione. Il legale ha spiegato che dopo una serie di perizie mediche la Corte ha riconosciuto che il suicidio era stato determinato dalle vessazioni subite nel luogo di lavoro. Quindi l’epilogo di una malattia professionale di depressione. L’Enpaia dovra’ versare ai familiari dell’impiegato – ha spiegato ancora l’avvocato Centofanti – dieci annualita’ di retribuzione, oltre alla maggiorazione del 15% e agli interessi legali dal 2001. Somma pari a diverse centinaia di migliaia di euro.