“Non bastano le ‘suppliche’ e le richieste di miracoli. Bisogna scendere in piazza perché solo una vasta e solidale mobilitazione potrà dare risposte ai nostri bisogni e a quelli dei nostri figli”:

lo scrivono in una lettera indirizzata alle mogli degli operai di Termini Imerese, alcune ‘colleghe’ di Pomigliano d’Arco, che hanno affidato la loro missiva anche ai sindacalisti dello Slai Cobas, per chiedere di appoggiare l’iniziativa. Le donne degli operai di Pomigliano sostengono di aver letto la lettera di quelle di Termini Imerese indirizzata al Papa, e quella indirizzata al Presidente Napolitano, e sottolineano di aver deciso di “prendere la penna” perché non comprendono “il fatto di pensare di poter risolvere la propria vertenza rivolgendosi alla banche per sbloccare i soldi per il ‘loro’ padrone, e al Papa per sollecitare il ‘miracolo'”. “Vogliamo sollecitare le mogli degli operai di Termini Imerese – scrivono – a scendere in piazza con i loro mariti e con quelle dei tanti altri operai, e quanti continuano a soffrire per la mancanza di lavoro perché, al di là delle ‘suppliche’, solo una vasta e solidale mobilitazione potrà dare risposte ai nostri bisogni e a quelli dei nostri figli. Noi siamo le mogli di tanti operai che ieri, mentre i sindacati firmatari del cosiddetto accordo-Pomigliano si riunivano con l’azienda nella newco per discutere, si diceva, i carichi di lavoro troppo pesanti in Fabbrica Italia Pomigliano, protestavano ai cancelli per la mancanza di prospettive per la maggior parte degli ex lavoratori Fiat Automobiles (circa 2.500) della ex Ergom (circa 800) e tantissimi altri delle aziende dell’indotto che da circa tre anni sopravvivono col miserabile ‘sussidio’ della cassa integrazione in scadenza a luglio del 2013 per cessazione dell’attività. E siamo pronte a scendere in piazza con voi per difendere i diritti dei nostri uomini”

 

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