L’amianto che uccide, l’omaggio a Falcone e Borsellino, l’orrore dei gulag cinesi: le ultime testimonianze riempiono il tempio della parola di Quello che (non) ho, il nuovo programma di Fabio Fazio e Roberto Saviano, ha chiude stasera la sua avventura su La7.
Ma la coppia dei record – che a fine 2010 triplicò con Vieniviaconme gli ascolti di Rai3 e ha fatto altrettanto con La7, superando anche nella seconda puntata il 12% di share – potrebbe ricomporsi già in autunno, di nuovo sulla terza rete Rai. Fazio, atteso anche il lunedì in prime time, potrebbe chiedere di avere Saviano in squadra. E tutto lascia pensare che la Rai possa riaprire le porte all’autore di Gomorra. Lo scrittore ha un contratto biennale in esclusiva con La7, ma una deroga non gli impedirebbe di essere ‘prestato’ alla Rai, come é successo, a reti invertite, con Fazio. “Stiamo a vedere: mi resta il dubbio se si tratti di un tardivo ravvedimento operoso o di un precoce ravvedimento pelosò, ha commentato con il suo staff il direttore di La7 Paolo Ruffini.
Le note di ‘Che cosa sono le nuvole’ di Domenico Modugno e l’invettiva di Pier Paolo Pasolini contro l’omologazione aprono la puntata di Quello che (non) ho. Claudio Santamaria canta il brano di Fabrizio De André che dà il titolo al programma. Poi in scena entra Saviano: asbestosi, mesotelioma, i nomi terribili delle malattie causate dalla ‘polvere’ dell’amianto sembrano quasi ferire quanto le vicende drammatiche delle vittime del caso Eternit. La storica sentenza di febbraio del tribunale di Torino, è il monito dello scrittore, “dovrebbe portare alla creazione di una sorta di superprocura che si occupasse degli infortuni negli ambienti di lavoro. E’ una questione non meno importante dei processi di mafia”. Elisa canta ‘Hallelujah’, poi Claudio Magris racconta i ‘centometri’ di distanza tra sezione maschile e femminile del collegio universitario di Torino.
Tocca a Luciana Littizzetto: “Dov’é Saviano? In camerino che parla da solo? Gli si è bloccato il tasto pausa”. La sua parola è ‘basta’, al’ ‘bunga bunga che logora anche chi non ce l’ha” e con “ce l’ha chiesto l’Europa: a me l’Europa non ha chiesto un tubo”. Valerio Magrelli cita Jakobson, Montale e Pagliarani per raccontare la ‘poesia’. Poi l’omaggio a Falcone e Borsellino, a vent’anni dalla morte: Saviano legge un passo dell’intervista di Gianni Minà ad Antonino Caponnetto in cui l’ex magistrato denunciava, nel ’96, la delegittimazione cui fu sottoposto Falcone, ma anche la consapevolezza di Borsellino di essere ormai nel mirino dopo la morte dell’amico Giovanni. Al leggio si accosta Giuseppe Gullotta, alle spalle 22 anni di carcere ingiusto, per cantare la ‘liberta”. Massimo Gramellini punta il dito sulla ‘paghetta’ da migliaia di euro ai figli di Bossi.
Marco Paolini dedica la parola ‘treno’ ai ferrovieri a rischio licenziamento che vivono su una torre della stazione centrale di Milano. C’é anche chi trasforma il corpo in parola: sulle note di ‘Ballad’ di Bjork i ballerini del programma danzano con i ‘colleghi’ sordi del gruppo ‘The silent beat’. Ermanno Olmi esplora il ‘tempo’: “Siamo tutti contenti di possederlo, in realtà è il tempo che possiede noi”.
Spazio ancora alla voce di Elisa, con ‘Knockin’ on heaven’s door’. Poi le parole di Saviano entrano nei ‘laogai’, veri e propri campi di concentramento “dove sono prigionieri tra i 3 e i 5 milioni di cinesi”. Tra questi anche Lui Xiaobo, Nobel per la Pace 2010. “Il potere immenso che ha la Cina, che ha comprato il debito americano, rende difficilissimo raccontare questa realtà: il prezzo che bisogna pagare per avere un rapporto necessario con la Cina è anche questo, ma il legame con la dissidenza è vitale”, sottolinea Saviano e dà la parola ad Harry Wu, uscito da vent’anni di gulag.