NAPOLI – Le emozioni scuotono fin dal primo minuto la platea radunatasi sabato scorso nella Sala Valeriano in piazza del Gesù a Napoli, quello di silenzio dedicato a Melissa Bassi, la giovanissima studentessa di Mesagne, rimasta uccisa nell’attentato all’istituto Morvillo Falcone di Brindisi lo scorso 19 maggio, accompagnato dal braccio teso verso l’alto di Salvatore Borsellino che regge nella mano destra la leggendaria agenda rossa.

Con la moderazione curata da Nicla Tirozzi, referente del Movimento Agende Rosse Campania (organizzatori dell’evento – ndr), dopo il ricordo di Melissa, i lavori per “Economia criminale, politica e istituzioni: collusioni e trattative” si sono aperti con la lettura, da parte di padre Vittorio Liberti, parroco del Gesù Nuovo, di un brano dello storico discorso contro la mafia pronunciato da Giovanni Paolo II nella Valle dei Templi nel 1993.

Primo intervento affidato al responsabile dell’osservatorio sull’uso sociale dei beni confiscati in provincia di Caserta, Mauro Baldascino, che individua nei beni sottratti alla camorra la chiave di lettura per capire che «…le mafie sono un fenomeno economico ancor prima che criminale poiché, le case, i terreni e le aziende che di volta in volta sono sequestrate non sono altro che il frutto del riciclaggio di denaro proveniente dalle attività illecite. Da qui, l’alto valore simbolico di traguardi come quelli raggiunti con il caseificio sulle terre di don Peppe Diana o la sartoria sociale di Castel Volturno, che rappresentano straordinari esempi di quell’economia sociale da impiegare come antidoto a quel sistema di potere camorristico fatto sicuramente del braccio armato che tutti conosciamo, ma soprattutto di teste politiche che lo manovrano».

«Un sistema – afferma il giudice Conzo – che va contrastato non solo con la sottrazione dei patrimoni alla criminalità, ma anche agendo sui quei patrimoni apparentemente illibati che molti imprenditori non possono giustificare se non attraverso il loro fiancheggiamento ai clan nel prestarsi al riciclaggio dei proventi illeciti».

«Azioni che necessitano di una riforma sostanziale delle norme che regolano la lotta alla mafia – aggiunge il giudice Maresca nel suo intervento – come quelle avrebbero dovuto disporre il reimpiego dei capitali sequestrati nel finanziamento delle attività di indagine invece che finire su conti correnti infruttiferi depositati presso le banche e obbligare decine di cancellieri a straordinari non pagati realizzando quel famoso modello Caserta di cui il Governo si è così vantato».

Non è mancato il contributo del sindaco di Napoli, Luigi De Magistris che nell’esprimere la sua storica vicinanza al Movimento delle Agende Rosse, e nel ricordare le vicende dell’inchiesta Why Not, si è soffermato a lungo sull’isolamento a cui sono sottoposti i magistrati quando la loro indagine raggiunge alti vertici dello Stato e su come questo isolamento con la morte Falcone e Borsellino, nel 1992, sia stato il preludio alla stagione delle stragi.

Attimi toccanti in sala quando Catello Maresca nel narrare con voce quasi strozzata delle minacce ricevute proprio la sera prima, si è detto rincuorato dalla grande solidarietà ricevuta in quest’occasione e sicuro di voler proseguire il proprio lavoro, annotandone tutti i risvolti in un quaderno, alla maniera di Paolo, esprimendo per questo il desiderio di ricevere per se e per gli uomini della sua scorta una copia dell’agenda rossa.

Raccolte le testimonianze delle associazioni e cooperative antimafia impegnate sul territorio offerte da Ilaria Ascione, del movimento Contro le mafie, di Salvatore Cantone, dell’associazione anti-racket Pomigliano e FAI, di Anna Cecere, presidente della coop. Sociale Altri Orizzonti e di Marilena Natale, della Nuova Cucina Organizzata (NCO), è stato il turno del fondatore del Movimento Agende Rosse.

In un intervento rotto a tratti da lacrime di rabbia e di commozione, Salvatore Borsellino, ha ribadito con forza che «Paolo è vivo. È vivo nell’opera di magistrati come Maresca e Conzo, nell’impegno di sindaci come De Magistris e Leoluca Orlando da sempre al mio fianco nelle battaglie per la ricerca della verità sulle stragi, e soprattutto nei miei “soldati” che seguendomi in giro per l’Italia impugnando l’agenda rossa esprimono vergogna nel chiamare Stato quello che manda la fattura per la bara di Emanuela Loi, e poi sperpera denaro in escort, quello che per anni ha coperto patti e cambiali di sangue col nome degli esecutori delle stragi, dimenticandosi della mano occulta che le ha volute».

«Questi soldati – ha concluso Borsellino – dimostrano che a venti anni di distanza Paolo non è morto ma si è moltiplicato, e attraverso il loro grido chiede di lavare una volta per tutte il sangue delle stragi che hanno aperto le porte alla cosiddetta seconda Repubblica, e di ridare finalmente la dignità a quel popolo che l’ha subita».

 

Vincenzo Viglione

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