Il dado è tratto. Mario Monti lancia la sua ‘sfida’ ai partiti su due dossier potenzialmente esplosivi: giustizia e Rai. Il presidente del Consiglio sente il Quirinale (tra una pausa e l’altra del Cdm informa Napolitano telefonicamente) rompe gli indugi e annuncia la fiducia sul ddl anti-corruzione facendo dire al ministro competente, Paola Severino, che in caso di bocciatura il governo andrà a casa. Stesso copione sulla Tv pubblica, per la quale propone i suoi candidati non solo per la poltrona di componente del Cda di nomina del Tesoro, ma anche del presidente e del Direttore Generale. So che è un rischio, ma ho deciso di correrlo nonostante sappia la possibile reazione dei partiti, ha confidato il premier nei momenti prima della decisione.
E così il Cdm si trasforma in un ‘consiglio di guerra’ in cui è lo stesso Monti a dettare le ragioni della svolta. Perché di questo si tratta, vista l’accelerazione impressa. Le avvisaglie c’erano state anche ieri: il vertice ministeriale con Passera e Severino, titolari proprio dei due dossier, visto che il ministro dello Sviluppo ha anche le deleghe alla comunicazione. Segno che qualcosa si stava muovendo. Anche se la decisione di procedere sulla Rai Monti non l’ha comunicata a nessuno, nemmeno ai ministri. “Non erano previsti nomi, ma il presidente ha deciso di accelerare anche su Viale Mazzini”, giura un ministro di peso. Prima di procedere, però, lo stesso premier ha sentito il presidente della Repubblica in una pausa del Cdm per informarlo sulle nomine. A Giorgio Napolitano, spiegano fonti parlamentari, il professore illustra le ragioni che lo hanno spinto a decidere, il desiderio di uscire dal pantano sempre più pericoloso in cui i partiti della maggioranza, divisi al loro interno, lo stanno cacciando. Consapevole dei rischi che la scelta comporta, soprattutto sul fronte del Pdl, ma determinato a liberarsi dall’impressione di aver perso slancio nell’azione di governo. Determinante, racconta chi lo conosce da anni, è stato il ‘fuoco amico’ di giornali come il Corriere della Sera e le critiche di quotidiani che lo hanno sempre elogiato, come l’autorevole Financial Times che lo ha accusato di occuparsi troppo di Europa e poco dell’Italia. E proprio la giustizia e la Rai sono i dossier che meglio simboleggiano l’impasse politica in cui i partiti rischiano di imbrigliare l’azione dell’Esecutivo. Proprio per uscire da questa morsa, il premier decide di sfidare le forze politiche. Ben sapendo che i partiti, Pdl in testa, potrebbero alzare le barricate. Un rischio calcolato, a detta del Prof., visto che se il ddl anti-corruzione o le nomine Rai saranno bloccate “la responsabilità ricadrà interamente sui partiti”. E se da palazzo Chigi si precisa che non c’é nessuna svolta, visto che il governo ha sempre preso le decisioni autonomamente, è evidente il tentativo di cambiare passo. Anche a rischio di capitolare. La sfida di Monti è lanciata.