La Corte Costituzionale lascia immutata la legge sull’aborto. E’ questo l’esito del verdetto della Consulta che oggi ha passato al vaglio la legge 194, dichiarando “manifestamente inammissibile” la questione di legittimità costituzionale sollevata sull’articolo 4. Quest’articolo rappresenta il nocciolo della normativa, perché stabilisce i casi in cui la donna può accedere all’interruzione di gravidanza: se la decisione dei giudici fosse stata differente, l’intero impianto della legge 194 sarebbe stato, di fatto, rimesso in discussione.
Il caso per il quale si è arrivati di fronte alla Corte Costituzionale riguarda una ragazza minorenne di Spoleto che ha manifestato la volontà di abortire e che non voleva coinvolgere i genitori nella sua decisione e per questo si è rivolta ai servizi sociali. Il giudice tutelare, chiamato a pronunciarsi sulla vicenda, ha presentato incidente di costituzionalità alla Consulta. E ha fatto leva su un pronunciamento della Corte di giustizia europea dell’ottobre 2011 in materia di brevettabilità dell’embrione, che definisce l’embrione come “soggetto da tutelarsi in maniera assoluta”. Su questa base il giudice tutelare riteneva che l’articolo 4 della legge 194 si ponesse in conflitto con i principi generali della Costituzione ed in particolare con quelli della tutela dei diritti inviolabili dell’uomo (art. 2) e del diritto fondamentale alla salute dell’individuo (art. 32 primo comma della Costituzione). Di diverso avviso i giudici costituzionali, che non hanno accolto la richiesta. Il perché lo diranno le motivazioni della sentenza, la cui stesura è affidata al giudice relatore, Mario Rosario Morelli (lo stesso che nel novembre 2008 disse sì all’interruzione dell’alimentazione per Eluana Englaro). Ma una prima interpretazione tecnica la fornisce Cesare Mirabelli, presidente emerito della Consulta, spiegando che sebbene il quesito posto dal giudice abbia “consistenza nel merito”, “la decisione della Consulta non è di merito, ma di natura processuale. E il giudice tutelare non è chiamato ad autorizzare o meno la minore, cioé non partecipa alla volontà abortiva della minorenne, deve solo verificarne la adeguata maturità”. In campo politico si registrano numerosi commenti positivi: nel Pd Ignazio Marino, Livia Turco, Anna Paola Concia, Anna Finocchiaro, Barbara Pollastrini plaudono alla decisione della Corte Costituzionale, così come Nichi Vendola di Sel, Paolo Ferrero di Rifondazione comunista, Oliviero Diliberto del Pdci e Antonio Palagiano dell’Idv. E i Radicali – alle cui battaglie si deve l’introduzione della legge nel 1978 – chiedono di arginare l’obiezione di coscienza da parte dei medici contrari all’Igv. Ma non mancano commenti polemici. Il più duro arriva da Alfredo Mantovano, Pdl, che parla di “decisione pilatesca della Consulta” che ha “rifiutato, ancora una volta, di entrare nel merito, cioè di occuparsi di quando inizia la vita”.