Bocche cucite delle Province sulla sforbiciata del governo che, rompendo gli indugi, ha messo nero su bianco la volontà di dimezzare le amministrazioni entro fine anno, passando da 107 a circa 50. Prima, spiegano dall’Upi, é necessario leggere bene il testo del decreto e valutare quanto farà l’esecutivo sullo sfoltimento degli enti statali periferici, che avrebbe dovuto produrre un risparmio di circa 5 miliardi di euro. Ma intanto dalle Province si insiste molto sul termine ‘accorpamento’, facendo trapelare la volontà di voler archiviare a fine anno meno chiusure di quelle preventivate.

Per il calcolo degli enti da tagliare il governo ha fatto sapere che si dovranno rispettare due criteri: la dimensione territoriale (che dovrebbe essere di 3mila km quadrati) e popolazione residente (numero di abitanti inferiore a 350 mila). E naturalmente, da gennaio 2014, verranno meno anche le 10 amministrazioni che saranno inglobate nelle città metropolitane (Roma, Milano, Torino, Genova, Venezia, Bologna, Firenze, Bari, Napoli, Reggio Calabria). Per varare la soppressione si agirà di concerto con i Consigli delle autonomie locali, presenti in ogni Regione, che stileranno un piano di riduzione e accorpamento. Sulla base di questo verrà poi presentato un atto legislativo di iniziativa governativa, sentita ciascuna regione interessata. In caso di impasse il governo deciderà comunque, previo però il parere della Conferenza Unificata. La novità che viene letta con favore dall’Upi è la nuova funzione di ‘area vasta’ che le Province andranno ad assumere, con la delega alla pianificazione, tutela e valorizzazione del territorio, pianificazione dei servizi di trasporto, pubblico e privato, la costruzione, classificazione e gestione delle strade provinciali e la regolazione della circolazione stradale. Gli organi di governo delle Province, evidenzia il decreto del governo, saranno il Presidente e il Consiglio, con la conseguente soppressione della Giunta. Le città metropolitane ingloberanno naturalmente le funzioni fondamentali delle Province e si occuperanno di: pianificazione territoriale e delle reti infrastrutturali; strutturazione di sistemi coordinati di gestione dei servizi pubblici, mobilità e viabilità e promozione e coordinamento dello sviluppo economico e sociale. Prudente il giudizio del presidente dell’Upi Giuseppe Castiglione, che somiglia però a un cahier de doleance: “certo, da oggi inizia un percorso che dovrà vedere coinvolte in prima fila le istituzioni locali, a partire dalle Regioni, per arrivare a definire il riordino delle Province, l’istituzione delle città metropolitane e il taglio degli enti inutili, nel pieno rispetto delle comunità e dei territori. Almeno sulle riforme – ammette – il Governo ha voluto ascoltarci e il lavoro intenso con il Ministro Patroni Griffi ha iniziato a produrre risultati”. Ma poi punta il dito su quel che rimane delle funzioni che le Province saranno chiamate a svolgere, “che non sono sufficienti per un’istituzione di area vasta che deve governare i processi del territorio”. A suo dire mancherebbero le funzioni sul mercato del lavoro, sull’istruzione e formazione e sull’edilizia scolastica. “Grossi dubbi” li esprime anche sulle future Città metropolitane, “di cui ancora non è affatto chiaro il sistema di governance, il modello elettorale, né se saranno rispettate, come noi chiediamo, le scadenze dei mandati elettivi”. Secondo i primi calcoli dovrebbero essere 38 le Province destinate sicuramente ad essere cassate, ad eccezione naturalmente di quelle delle 10 città metropolitane: Vercelli, Asti, Biella, Verbano-Cusio-Ossola, Lecco, Lodi, Rovigo, Gorizia, Prdenone, Imperia, Savona, La Spezia, Piacenza, Rimini, Massa Carrara, Pistoia, Livorno, Prato, Terni, Macerata, Ascoli Piceno, Fermo, Rieti, Teramo, Pescara, Isernia, Benevento, Matera, Crotone, Vibo Valentia, Caltanissetta, Enna, Ragusa, Oristano, Olbia Tempio, Ogliastra, Medio Campidano, Carbonia Iglesias.

 

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