SALERNO – Lo scrittore rinascimentale Pietro Aretino (1492-1556), noto per i suoi ”Sonetti lussuriosi” che gli costarono l’accusa di licenziosita’, tento’ di farsi nominare cardinale. Per cercare di realizzare il suo sogno di ottenere la porpora ecclesiastica, scrisse, per influenzare positivamente la corte papale,
in particolare quella del suo conterraneo Giulio III, anche alcune opere religiose di materia agiografica come le vite di Maria Vergine, di santa Caterina d’Alessandria e di san Tommaso d’Aquino. E’ quanto sottolinea Paolo Marini, ricercatore di letteratura italiana presso l’Universita’ della Tuscia, nell’introduzione al volume dell’Edizione Nazionale delle Opere di Pietro Aretino, pubblicato dalla Salerno Editrice (pagine 736, euro 65), che raccoglie i tre scritti che chiudono la stagione delle opere religiose nel segno della committenza di Alfonso d’Avalos, marchese del Vasto e governatore di Milano. Dopo i Salmi, ”L’Umanita’ di Cristo” e il Genesi, questi testi, afferma Marini, ”costituiscono, oltre che l’estremo e illusorio assalto alla porpora cardinalizia, anche lo strumento, talora sottilmente ricattatorio, per sollecitare la corresponsione delle rate della pensione che Aretino vantava sulle casse milanesi”. Composte e date alle stampe in successione nello stretto giro di anni che va dal 1539 al 1543, queste opere religiose rappresentano, sostiene Marini, ”uno snodo fondamentale nel percorso di ricerca stilistica ed espressiva su cui Aretino ha orientato la riscrittura della materia sacra sin dalle prime parafrasi bibliche”. Quando, a seguito dell’elezione al soglio pontificio di Giulio III, Pietro Aretino rincorre per l’ultima volta la chimera del cardinalato, anche le vite dei santi, insieme alle parafrasi bibliche, vennero da lui ”recuperate in funzione autopromozionale, come patenti di ortodossia e di impegno de propaganda fide in piena temperie tridentina”. L’approdo finale alla silloge aldina del 1552, in cui le tre agiografie vennero raccolte sotto un’unica dedica al papa, rappresenta ”la conclusione del complesso percorso della scrittura sacra dell’Aretino, senza dubbio uno dei filoni piu’ innovativi e fecondi della sua parabola artistica, anche in prospettiva barocca”.