CASERTA – Opposizione consiliare ancora all’attacco dell’amministrazione del Gaudio. Questa volta viene contestato il regolamento sugli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande che ha reso più difficile l’apertura di nuove attività. L’opposizione chiede di ritirare il provvedimento.
i consiglieri comunali d’opposizione Enrico Tresca, Francesco De Michele, Carlo Marino, Giovanni Comunale, Francesco Apperti, Norma Naim, Luigi Cobianchi. Eccone il testo: “Premesso che : • con provvedimento giuntale n. 291 del 15.07.2008 relativa a “Pubblici esercizi di somministrazione di alimenti e bevande: Provvedimenti”, l’Amministrazione comunale di Caserta, a seguito dell’entrata in vigore della nuova disciplina delle attività commerciali, in linea con i principi di liberalizzazione e semplificazione di cui all’ordinamento comunitario(D.L. n. 223/2006 convertito in legge n. 248/2006) e dei primi orientamenti giurisprudenziali manifestatisi al riguardo(TAR Campania Salerno ordinanza n. 1278/07; TAR Lombardia sentenza n. 6259/2007), concernenti la liberalizzazione delle attività di pubblici esercizi di alimenti e bevande, deliberò che i parametri ed i criteri per il rilascio delle autorizzazioni amministrative relative ai pubblici esercizi di alimenti e bevande di cui all’art. 5 della Legge n. 287/1991, approvati con provvedimento sindacale, prot. n. 6041 del 27.01.2004, non potevano ritenersi più applicabili e pertanto disponeva di assegnare le autorizzazioni amministrative per i pubblici esercizi ex Legge n. 287/1991, di tipo A,B,C,D, senza limiti di numero e di superfici, fermo restando il rispetto delle norme e disposizioni in materia di edilizia, urbanistica e igienico sanitaria, nonché di quella di destinazione d’uso dei locali e degli uffici; • detti criteri di qualità e le modalità per l’apertura degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande furono resi noti attraverso avviso pubblico; • Ascom Confcommercio Prov. Caserta, Confesercenti Prov. Caserta, Veneziana sas, R&b di Porrino Raffaele e sas, Antico ristorante Mastrangelo di Pasquale Mastrangelo proposero ricorso, previa sospensiva, al TAR Campania(n. 6190/2008) per l’annullamento della deliberazione de qua; • Il TAR Campania rigettò il ricorso, condannando i ricorrenti al rimborso delle spese di giudizio, ritenendo che “… il D.L. n. 223/2006 convertito in legge n. 248/2006, nel dare attuazione ai principi comunitari in materia di libera concorrenza, è diretto principalmente a rimuovere limiti all’accesso al mercato, anche allo scopo di ampliare la tipologia di esercizi in concorrenza ed aumentare la competitività dei vari settori dell’economia, inserendosi in un quadro di complessiva modernizzazione del commercio. Ne deriva che ……. i poteri pubblici non possono interferire sul libero gioco della concorrenza, e devono astenersi dallo stabilire inderogabilmente il numero massimo degli esercenti da autorizzare in una determinata area….. essendo ormai precluso alle Amministrazioni adottare misure regolatorie che incidano, direttamente o indirettamente, sull’equilibrio fra domanda e offerta, che deve invece determinarsi in base alle regole del mercato. …“; • La direttiva 2006/123/CE, recepita in Italia con decreto legislativo 26 marzo 2010 n. 59 : a) prevede l’eliminazione degli ostacoli giuridici ed amministrativi alla libera circolazione e alla libera prestazione di servizi all’interno della Comunità; b) detta il principio imperativo secondo il quale l’acceso e l’esercizio di attività di servizi costituiscono espressione della libertà di iniziativa economica e non possono essere sottoposti a limitazioni non giustificate o discriminatorie; c) vieta alle autorità nazionali e locali l’applicazione di qualsivoglia misura restrittiva delle nuove aperture di esercizi commerciali, fondata su criteri numerici o su esigenze economiche di “calmierizzazione” dell’offerta, ribadendo il generale divieto di regolamentazioni, programmazioni e determinazioni suscettibili di imporre limiti numerici o distanze minime tra esercizi, in forza del principio generale dell’ordinamento comunitario della libera prestazione dei servizi all’interno dell’Unione ; d) considera astrattamente possibile (ndr : esclusivamente nel caso di sussistenza di un motivo imperativo di interesse generale) la fissazione di limiti alle nuove aperture di attività economiche precisando che detti limiti all’insediamento possono essere introdotti esclusivamente se giustificati da ragioni di pianificazione urbanistico/territoriale connesse ad esigenze di tutela paesaggistica, monumentale, artistica, architettonica, ovvero, in caso di accertata inadeguatezza del sistema infrastrutturale e carenza di servizio in determinate zone; • La Regione Campania (Deliberazione n. 18 del 22.01.2010) ha dato attuazione alla Direttiva comunitaria con l’approvazione del “Regolamento di attuazione della Direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno”; • Il decreto legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito con legge 14 settembre 2011, n. 148, all’articolo 3, ha espressamente previsto il principio secondo cui l’iniziativa e l’attività economica privata sono libere ed è permesso tutto ciò che non è espressamente vietato dalla legge, concedendo ai Comuni un anno dalla data di entrata in vigore della legge di conversione per adeguare i propri ordinamenti al medesimo principio; Ciò premesso, si evidenziano alcune distorsioni della concorrenza che derivano dall’adozione, da parte del Consiglio Comunale di Caserta, del nuovo Regolamento Comunale sugli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande, approvato con deliberazione consiliare n. 40 del 06.12.2011. Con l’approvazione del richiamato regolamento l’Amministrazione comunale, infatti, ha imprudentemente ridotto -abiurando anche la richiamata sentenza del TAR Campania n. 6190/2008- l’ambito di applicazione dei principi di liberalizzazione già ampiamente acquisiti con l’introduzione del D.L.n. 223/2006 convertito in legge n. 248/2006, confermati dal D.Lgs. n. 59/2010 (c.d. direttiva Bolkestein), dal decreto legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito con legge 14 settembre 2011, n. 148, e da ultimo dal c.d. Decreto Monti, ed in particolare laddove il suddetto regolamento, attraverso un’interpretazione distorta dell’art. 64, comma 3, del D.Lgs. n. 59/2010, prevede restrizioni contrarie all’imperativo principio comunitario secondo cui l’iniziativa e l’attività economica privata sono libere, invocando un proprio potere limitativo all’apertura di esercizi di somministrazione di alimenti e bevande in alcune strade, piazze e frazioni della città attraverso l’imposizione di un limite di contingentamento per saturazione dell’offerta. In tal senso, il Consiglio Comunale “….. Ritenuto , pertanto, nell’ambito della nuova programmazione comunale degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande : a) di adottare indirizzi finalizzati al divieto o limitazioni all’apertura di nuovi esercizi, sulla base di parametri oggettivi quali la sostenibilità ambientale, sociale e di vivibilità; b) dover introdurre nuovi criteri qualitativi, da valere su tutto il territorio comunale, con l’obiettivo di qualificare l’offerta di somministrazione con fattori di qualità dei locali , delle strutture e della gestione;……” ha approvato il Regolamento de quo che, all’art. 4, recita : “…… il comune di Caserta intende esercitare il proprio potere limitativo nelle seguenti strade/piazze e frazioni per le sotto riportate tipologie : a) per le seguenti strade e piazze si ritiene opportuno prevedere la possibilità di un limite di contingentamento per saturazione dell’offerta delle attività di somministrazione di alimenti e bevande(ristoranti, pizzerie, tavole calde, rosticcerie,bar, gelaterie,pasticcerie ed esercizi similari) al fine di evitare addensamenti di traffico, disturbo alla quiete pubblica, pregiudizi alla sicurezza : piazza Vanvitelli , via Chierici, via Bernini, piazza Matteotti, via Pollio , via Redentore, via san Carlo, via Mazzini, via Roma, via Settembrini, via G.M. Bosco, via Botticelli, via Bramante,via Giotto, via Mantegna, via S, Antonio, via Vivaldi, viale Lincoln, via Tescione, SS 87 Sannitica, via Tenga. Non è ammesso altresì, per tali strade e piazze,il trasferimento di sede delle attività di somministrazione di alimenti e bevande da altre strade o piazze del territorio comunale; b) per le seguenti frazioni si ritiene opportuno prevedere la possibilità di un limite di contingentamento per saturazione dell’offerta delle attività di somministrazione di alimenti e bevande(ristoranti, pizzerie, tavole calde, rosticcerie,bar, gelaterie,pasticcerie ed esercizi similari)a tutela salvaguardia di zone di pregio artistico, architettonico e ambientale : S. Leucio, Vaccheria, Casertavecchia; c) per le seguenti strade, in considerazione della saturazione dell’offerta per quanto attiene la somministrazione di alimenti e bevande, sono ammesse soltanto aperture di esercizi di somministrazione di alimenti quali ristoranti, pizzerie, tavole calde, rosticcerie ed esercizi similari: corso Trieste, via Acquaviva, via Caduti sul lavoro.” Atteso quanto sopra, deve rilevarsi che l’Amministrazione comunale attraverso l’approvazione del citato Regolamento ha determinato limitazioni all’accesso all’esercizio delle attività economiche relative alla somministrazione di alimenti e bevande determinando un ingiustificato svantaggio competitivo a danno di eventuali nuove attività commerciali. Una disciplina del genere, infatti, applicandosi unicamente alle nuove attività e non ad attività già esistenti prima della entrata in vigore del Regolamento, pone limitazioni all’accesso all’attività di somministrazione di alimenti e bevande e, favorendo gli operatori già presenti sul territorio, impedisce, l’accesso al mercato da parte di nuovi imprenditori, giungendo al paradossale diniego di autorizzazione anche a chi intendesse esercitare l’attività anche nello stesso luogo e con le stesse modalità dove analoga attività sia cessata per rinunzia dell’esercente. Diniego, peraltro, che non opporrebbe(caso realmente verificatosi) a nuovo gestore, in caso di subentro mediante acquisto dell’autorizzazione in essere, a titolo oneroso! Del resto limiti a tutela della salute, dell’ambiente, della sicurezza stradale non sono adeguati e proporzionati, posto che si applicano solo alle nuove attività e non a quelle preesistenti, senza considerare la mancata attuazione di un progetto complessivo che risolvesse alla radice i problemi che hanno motivato la proposta e l’approvazione della delibera di cui trattasi. Né sono seriamente invocabili i motivi imperativi di interesse generale idonei a giustificare restrizioni alla concorrenza e ciò per diversi ordini di ragioni : a) l’iniziativa economica privata libera è tutelata da principio costituzionale ; b) la tutela dei cittadini-consumatori costituisce un motivo economico e non un motivo imperativo di interesse generale; c) la tutela della quiete pubblica, nelle strade, piazze e frazioni indicate, dovuto all’eventuale inquinamento acustico nei fine settimana, la cui prevenzione e punizione è specifica responsabilità delle forze dell’ordine, non è un motivo imperativo di interesse generale; d) l’eventuale congestione della viabilità, nelle strade, piazze e frazioni indicate, nei fine settimana non è un motivo imperativo di interesse generale; e) l’assembramento di persone all’esterno di alcuni esercizi ubicati nelle strade, piazze e frazioni indicate, nei fine settimana, non è un motivo imperativo di interesse generale; f) tale programmazione, in ogni caso, si rivela, sul piano pratico, un espediente per favorire gli operatori già presenti sul territorio. g) i controlli per la tutela degli obiettivi prioritari di cui sopra, posti a base dei criteri di programmazione dell’Amministrazione possono essere efficacemente demandati al concreto riscontro dell’autorità competente, senza inadeguate ed incomprensibili limitazioni generali. Infine, l’approvazione del citato Regolamento da parte dell’Amministrazione comunale di Caserta si rivela ancor più stravagante se si tiene conto che : • l’Amministrazione sembra non abbia tenuto adeguato conto di quanto sancito dal decreto legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito con legge 14 settembre 2011, n. 148 (quindi precedente all’approvazione del Regolamento de quo, approvato il 06.12.11) che, all’articolo 3, ha espressamente confermato il principio secondo cui l’iniziativa e l’attività economica privata sono libere ed è permesso tutto ciò che non è espressamente vietato dalla legge, alla quale non può comunque sostituirsi alcun regolamento locale; • l’articolo 34 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, comma 2, ha previsto che la disciplina delle attività economiche debba essere improntata al principio di libertà di accesso, di organizzazione e di svolgimento, fatte salve le esigenze imperative di interesse generale, costituzionalmente rilevanti e compatibili con l’ordinamento comunitario, che possono giustificare l’introduzione di atti amministrativi di assenso o autorizzazione o di controllo, nel rispetto del principio di proporzionalità. Inoltre successivamente all’adozione della Delibera 40/2011 ed in continuità con le norme sopra riportate • L’art. 1 del Decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1 ha confermato i principi contenuti nell’articolo 34 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, eliminando tutte le norme «che prevedono limiti numerici, autorizzazioni, licenze, nulla osta o preventivi atti di assenso dell’amministrazione» per l’avvio di un’attività economica, che non siano «giustificati da un interesse generale, costituzionalmente rilevante». Di conseguenza, con l’abrogazione anche delle norme che pongono alle attività economiche divieti e restrizioni «non adeguati o non proporzionati alle finalità pubbliche perseguite» così come le disposizioni di pianificazione territoriale che pongono «limiti, programmi e controlli non ragionevoli» e in particolare che «impediscono, condizionano o ritardano l’avvio di nuove attività economiche o l’ingresso di nuovi operatori economici» sul mercato, magari prevedendo un «trattamento differenziato» rispetto a quello dei concorrenti già operativi, oppure «impediscono, limitano o condizionano l’offerta di prodotti e servizi al consumatore» o ancora «alterano le condizioni di piena concorrenza fra gli operatori economici». Per quanto affermato si può ipotizzare che l’assunto regolamento costituisce nei fatti strumento di stimolo di operazioni di aggiotaggio, che non sono state in ogni caso prevenute nel periodo tra l’assunzione del deliberato e l’entrata in vigore del regolamento e genera un mercato drogato delle autorizzazioni, a causa del quale il legislatore ha sentito, nel corso degli anni, l’imperativo categorico di restituire parità di condizioni a tutti coloro che intendono intraprendere o proseguire un’attività. Sulla base di quanto esposto i sottoscritti Consiglieri Comunali interrogano il Sindaco e l’Assessore sulla opportunità di mantenere vigente la delibera 40/2012 e ne chiedono comunque il ritiro a tutela dell’interesse generale, anche alla luce dell’inefficacia sostanziale dell’applicazione del disposto nelle zone elencate in Delibera e della mancata attuazione di qualsiasi altra forma di razionalizzazione della materia, con particolare riferimento ai problemi di viabilità. Si specifica inoltre che, alla luce delle normative elencate, la delibera in oggetto potrebbe esporre l’Ente a possibili danni erariali derivanti da azioni nei confronti dell’Ente stesso da parte di soggetti privati aventi diritto.