“E’ venuto il momento, e noi lo faremo da subito se saremo chiamati a governare, di mettere al centro delle nostre preoccupazioni l’economia reale” e “la politica industriale in senso esteso” perché “quand’anche avessimo tutti gli scudi antispread del mondo, se l’economia reale viaggia in questo modo non ce la caviamo”. Lo afferma in una intervista al Sole 24 Ore il leader del Pd, Pier Luigi Bersani, indicando la linea del suo partito in vista delle prossime elezioni di primavera.
Da un lato, assicura Bersani, “lealtà al governo Monti” e “lealtà verso il grande obiettivo europeo”, oltre a “responsabilità” nella tenuta dei conti pubblici. Dall’altra però bisogna “fare ogni sforzo per la crescita o almeno per contrastare la recessione”, perché stiamo rischiando di “arretrare decisamente nelle quote mondiali di produzione e lavoro”. “La nostra – aggiunge – è una politica intenzionata a chiedere il consenso della gente dicendo come prima cosa che siamo in una crisi seria e che serve responsabilità. Ma rifiuto l’affermazione che il governo Monti abbia fatto più riforme dei governi di centrosinistra”. Quanto al rapporto con l’Europa, per Bersani “non va bene fare la guerra con la Germania”, anche perché “noi Paesi cosiddetti periferici dobbiamo riconoscere che dopo l’euro non abbiamo fatto i compiti a casa, approfittando dell’abbassamento dei tassi. E secondo me in Italia questa è stata responsabilità di Berlusconi”. La ricetta per l’economia reale che propone Bersani passa per il sostegno del made in Italy, dal credito d’imposta al rilancio degli investimenti e puntando sulle nuove tecnologie, agendo anche “su alcune condizioni del contesto” come “giustizia civile e duplicazioni amministrative”. Bersani promette poi di guardare a un “riequilibrio dei carichi fiscali” (resta sempre l’idea di un contributo dei grandi patrimoni immobiliari) e di rimettere mano alla riforma del lavoro dando “flessibilità organizzativa a fronte di investimenti esigibili”. Infine sulla Fiat: per Bersani “c’é un po’ di debolezza da parte del governo. Io credo che bisogna chiamarli e chiedere: vi impegnate voi o no? Perché Fiat già ci ha condizionato una volta negli anni ’80” e “se non ce la fa, meglio i tedeschi che nessuno”.