Un po’ come degli sprinter ai blocchi di partenza per cui non arriva mai lo start, sono diverse le applicazioni che potrebbero aiutare a stanare gli incendi e che sono ferme per mancanza di interesse da parte di aziende e istituzioni. Un esempio e’ l’algoritmo ideato dall’Istituto di metodologie per l’analisi ambientale (Imaa) del Cnr e dall’universita’ di Potenza, che ha gia’ dimostrato sul campo il proprio valore ma che e’ ancora in fase di sperimentazione.

“Ormai sono diversi anni che testiamo l’algoritmo – spiega Valerio Tramutoli, uno degli ideatori, impegnato dallo scorso primo agosto nei test del sistema in Basilicata – nella provincia di Palermo ad esempio abbiamo trovato in una stagione 120 incendi di cui non era stato dato nessun allarme, mentre in 50 casi abbiamo anticipato la segnalazione di piu’ di mezz’ora”. L’algoritmo sfrutta i dati dei sensori infrarossi del satellite Meteosat, e rileva le anomalie termiche generate da focolai grandi quanto un tavolo da ping pong: “Abbiamo diverse prove che l’algoritmo funziona molto meglio di altri in studio all’estero – spiega l’esperto – ma le istituzioni sembrano non avere molto interesse. Noi siamo a disposizione, ma nessuno ci chiama, anche se questo metodo, che integra quelli tradizionali, costa molto meno di un monitoraggio fatto con ultraleggeri”. Piu’ o meno allo stesso punto e’ un altro progetto, portato avanti dall’Istituto per il rilevamento elettromagnetico del Cnr di Milano, che sempre tramite le immagini dei satelliti riesce a mappare le aree distrutte, basandosi sulla luce riflessa dalle superfici fotografate: “Il progetto era nato diversi anni fa dopo un accordo con il ministero dell’Ambiente, che pero’ poi non e’ stato prorogato – spiega Daniela Stroppiana, uno dei ricercatori che lavora allo studio – noi lo abbiamo portato avanti con fondi interni, e siamo riusciti a rendere automatico il processo e ad ampliarlo fino a coprire tutto il bacino del Mediterraneo. Ora stiamo lavorando per integrare le immagini ottiche con quelle radar, in modo da superare il problema ad esempio delle nuvole. Certo, il sistema sarebbe molto utile sia per la prevenzione che per il ripristino delle aree, ma senza un supporto dalle istituzioni e’ molto difficile trovare i fondi”. Va appena un po’ meglio al progetto Air Fire dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. In questo caso si fa un’analisi del terreno su diverse frequenze, a caccia del segnale del Potassio, un elemento presente in grande quantita’ dove si sviluppa un incendio: “La prima fase del progetto, in collaborazione con l’Agenzia Spaziale Europea, si e’ conclusa con successo, e ora stiamo avviando una nuova collaborazione con l’Agenzia Spaziale Italiana per poter usare gli strumenti a bordo del satellite Prisma, che dovrebbe essere lanciato nel 2013 – spiega Maria Fabrizia Buongiorno dell’Ingv – per uscire dall’ambito scientifico pero’ servirebbe un altro approccio, in cui gli strumenti sono montati su aerei ultraleggeri. Le prove che abbiamo fatto in questo senso sono state molto positive, con l’individuazione di parecchi piccoli focolai, ma non c’e’ un partner industriale che prosegua il lavoro.

 

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