Dalle semisconociute performance in rete, alla fama mondiale per il loro gesto di protesta contro il “machismo e patriarcalismo” di Vladimir Putin, in attesa della sentenza domani, ecco le tappe del caso Pussy Riot, la band punk femminista che ha diviso l’opinione pubblica russa e mobilitato contro Mosca il mondo della musica internazionale.

Il 20 gennaio, mentre da oltre un mese andavano avanti le manifestazioni di piazza contro i brogli elettorali nelle legislative di dicembre, le forze dell’ordine arrestano otto membri di una band punk femminista quasi sconosciuta, le Pussy Riot, che hanno osato suonare sulla piazza Rossa contro il “regime sessista” di Vladimir Putin, appena 15 giorni prima delle elezioni che lo hanno poi riportato al Cremlino per la terza volta. Le ragazze, munite di chitarra e con indosso passamontagna colorati, devono pagare una multa di 500 rubli (16 dollari), per violazione dell’ordine pubblico e vengono poi rilasciate; – un mese dopo, il 21 febbraio, cinque ragazze dello stesso gruppo, nella stessa ‘divisa’ multicolore, irrompono nella cattedrale di Cristo Salvatore a Mosca, simbolo della rinascita religiosa russa, nel tentativo di inscenare una performance con cui chiedono alla Vergine di liberare la Russia da Putin. L’azione dura pochi secondi, prima che venga interrotta dalla vigilanza. Il video della performance intera, girato altrove, diventa la “preghiera punk” e porta le Pussy Riot all’attenzione della stampa internazionale e della giustizia russa. Iprimi di marzo vengono arrestate Nadezhda Tolokonnikova (22 anni) e Maria Alyokhina (24) e messe in custodia cautelare; poco dopo, la stessa sorte spetta anche alla terza Pussy, Yekaterina Samutsevich (30 anni), che a differenza delle altre due non ha preso parte alla performance, ma ha solo tentato di introdurre in chiesa una chitarra e subito fermata dalla sorveglianza; – il Patriarca di Mosca, Kirill, definisce “blasfema” l’iniziativa delle Pussy e chiede una condanna esemplare. In molti, anche all’interno della Chiesa russo-ortodossa, criticano l’atteggiamento di intransigenza mostrato dal primate; – in Russia si apre un acceso dibattito sul ruolo della Chiesa nella societa’, i legami troppo stretti tra Patriarcato e Cremlino e sulla figura di Kirill, protagonista di una serie di scandali mediatici che ne denunciavano lo stile di vita dedito a privilegi e lusso; – mentre vanno avanti le indagini preliminari e alle ragazze viene negato il rilascio su cauzione e prorogata la custodia cautelare, a maggio Amnesty International le dichiara “prigioniere di coscienza”; – cresce la mobilitazione dentro e fuori la Federazione: a giugno, 103 rappresentanti del mondo della cultura e dello spettacolo russo hanno firmato un appello per la liberazione delle ragazze, denunciando come il caso stesse minando la credibilita’ delle istituzioni federali; – la Chiesa continua a rifiutare gesti di clemenza: a fine giugno, Vsevolod Chaplin, capo del dipartimento sinodale per le relazioni con la societa’, dichiara di aver avuto una “rivelazione divina”, in cui Dio stesso condanna le Pussy Riot; i giornali russi e internazionali parlano di “caccia alle streghe”. Il 12 luglio Nadia, Katia e Masha vengono rinviate a giudizio con l’accusa di “teppismo motivato da odio religioso”. Rischiano sette anni di carcere. Il loro caso viene discusso dalla corte Khamovnichesky a Mosca; – cresce il fronte di solidarieta’ e si schierano a favore delle ragazze anche artisti di fama internazionale come Sting, Faith No More, Red Hot Chili Peppers, Bjork. A far discutere e’ la presa di posizione di Madonna che dedica alle tre ragazze una parte del suo concerto a Mosca ad agosto, attirandosi le ire del Cremlino. Il vice premier Dmitri Rogozin su Twitter la chiama “puttana”. – il 30 luglio inizia il processo, caratterizzato da imprevisti e colpi di scena. Tra allarmi di attentati e malori in aula, l’accusa porta a testimoniare fedeli offesi dalla performance delle Pussy, mentre le ragazze definiscono il loro, un caso politico e chiamano in ballo la dissidenza sovietica e il terrore staliniano; – da Londra, il 2 agosto, il presidente Putin invoca una pena “non troppo severa”. L’accusa chiede tre anni in un campo di lavoro, mentre la difesa dichiara che qualsiasi sentenza tranne la ‘non colpevolezza’ verra’ giudicata illegale e fa ricorso alla Corte europea dei diritti umani per le condizioni inumane in cui sono detenute le imputate. Le tre Pussy avevano denunciato di essere state private del sonno, di non aver ricevuto cibo e di non aver potuto incontrare privatamente i loro avvocati. Inoltre, la meta’ dei testimoni convocati dai loro legali erano stati rifiutati dal giudice Marina Syrova; – il processo si chiude l’8 agosto, ma la lettura della sentenza, attesa per il giorno dopo, slitta alla settimana successiva; – in attesa del verdetto sale la tensione a Mosca, alla Syrova oggi e’ stata assegnata la scorta dopo aver ricevuto una serie di minacce. Aumentata anche la sicurezza intorno al tribunale Khamovniki che si sta occupando del caso per timori di proteste spontanee e disordini.

 

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