A cinque giorni dal tentato linciaggio a Gerusalemme di un giovane palestinese in Israele e’ adesso ”allarme xenofobia”. Decine di giovani ebrei, quasi tutti minorenni, vi hanno preso parte attiva; centinaia di passanti hanno assistito impassibili e solo un giovane studente universitario ebreo – sfidando le imprecazioni – ha cercato di rianimare l’aggredito, tuttora ricoverato in ospedale.
Adesso il Paese cerca di capire se sia possibile esorcizzare l’aggressione attribuendola (come pare per ora) a ”giovani ortodossi marginali, disadattati e perditempo”, o se le radici siano molto piu’ profonde. Su un quotidiano e’ apparsa una caricatura che suggerisce la possibile esistenza, di fatto, di una ”filiale israeliana del Ku-Klux-Klan”, la setta bianca razzista attiva contro i neri il secolo scorso nel Sud degli Stati Uniti. Il riferimento e’ legato anche ad una testimonianza secondo cui la rabbia cieca del ‘branco’ sarebbe esplosa (contro passanti arabi casuali) dopo che una ragazza ebrea aveva detto di essere stata molestata sessualmente da un palestinese settimane fa: una affermazione che finora non e’ stata confermata dalla polizia. Nel tentativo di ridimensionare la gravita’ dell’aggressione (sette adolescenti sono agli arresti, altri vengono ancora ricercati) il premier Benyamin Netanyahu ha oggi osservato: ”Nello Stato di Israele non siamo disposti a tollerare il razzismo. Non siamo disposti ad accettare – ha aggiunto – la combinazione di violenza e razzismo. Non possiamo ammetterla: in quanto israeliani e in quanto ebrei. Questa non e’ la nostra strada. I responsabili di questo gesto criminale – ha promesso – saranno puniti rapidamente”. Eppure sulla stampa vi e’ chi ricorda che negli ultimi anni messaggi fortemente xenofobi, lanciati da figure pubbliche e da autorevoli rabbini, sono rimasti impuniti. Cosi’ e’ avvenuto per gli autori del testo teologico ‘La Legge del Re’: i rabbini Yitzhak Shapira e Yosef Elitzur sono stati scagionati dopo una lunga indagine, malgrado nel loro libro avessero elencato una serie di circostanze in cui la uccisione di un ‘Gentile’ (ossia di un non-ebreo) da parte di un ebreo non sarebbe vietata. Impuniti sono rimasti anche il rabbino nazionalista Dov Lior (malgrado avesse lodato quel testo, che ha peraltro suscitato reazioni fortemente negative nel mondo rabbinico) e il rabbino Shmuel Eliahu, che a Safed (Galilea) e’ impegnato in una campagna volta ad impedire ad arabi di stabilirsi in citta’. ”Siamo tutti colpevoli di quel linciaggio, gli aggressori si sono formati nella nostra societa’ ” ha commentato, alla televisione Canale 10, la sociologa Yifat Biton, indignata in modo particolare per la passivita’ mostrata dalla folla che si trovava nella centrale Piazza Sion di Gerusalemme al momento della aggressione. In un duro editoriale, Haaretz esige adesso che vengano estirpate le ”radici dell’odio” anti-arabo. Occorrera’ fra l’altro, secondo il giornale, cessare la marginalizzazione dei palestinesi e costringere il governo a mobilitarsi per coinvolgere in maniera incisiva la minoranza araba nel tessuto sociale israeliano.