Mitt Romney lancia la sua sfida a Barack Obama e si proietta anima e corpo alla conquista della Casa Bianca. Dopo un inizio stentato, complice il diversivo dell’uragano Isaac, finalmente alla Convention di Tampa, il candidato repubblicano vive la sua serata.

La ‘make or break night’s’, o la va o la spacca, il test decisivo sulla tenuta della sua leadership. Nel suo discorso di accettazione della candidatura al Tampa Bay Times Forum l’obiettivo e’ far cadere tutti i dubbi su di lui: dimostrare alla sua gente che Mitt il freddo, il miliardario mormone, l’ex finanziere di successo appartiene al passato. Ora, al suo posto, c’e’ un leader credibile, un uomo che con la sua esperienza di manager e’ capace di cacciare Obama dalla Casa Bianca e salvare l’economia americana. Davanti agli oltre 2000 delegati che ieri sono esplosi di gioia di fronte all’ultra-conservatore Paul Ryan, Mitt punta a togliersi di dosso la fama dell’uomo del New England ‘out of touch’, del politico distante dai problemi della gente comune. Deve parlare non solo alla testa, ma anche al cuore dei suoi elettori. Anche lui sa che l’establishment del partito, all’inizio della corsa per le primarie, lo vedeva come il meno peggio: un candidato pi— tollerato che amato. E anche il suo cammino verso la nomination, a tratti zoppicante perfino con avversari piuttosto deboli, non ha convinto del tutto. Nel Sud e nel West il grintoso Rick Santorum lo ha strapazzato senza piet… e una larga parte dell’elettorato evangelico vicino al Tea Party, in quei lunghi mesi, non gli ha mai perdonato la sua fede mormona, la sua moderazione in tema di aborto, ma soprattutto la sua riforma sanitaria adottata in Massachusetts cos terribilmente simile all’odiata Obamacare. Poi molte gaffe e qualche magagna sul tema delle tasse, tuttora argomento tab—, hanno fatto il resto. Ma Mitt, l’inossidabile, e’ andato avanti. Ha lanciato in pista, con successo, la moglie Ann affidandogli il compito di umanizzarlo, renderlo meno algido. Ma soprattutto ha sparigliato i giochi scegliendo come numero due un ‘homo novus’ della politica americana, il giovane amatissimo dai Tea Party, Paul Ryan. Una decisione che da sola rappresenta una svolta politica a destra, netta e decisa. E che sinora ha pagato: ieri l’ovazione tributata al discorso del candidato vicepresidente ha confermato che Mitt ha visto giusto. Ora pero’ tocca a lui, dimostrare di essere migliore del suo vice, di avere le carte in regole, la leadership, per sconfiggere tra 67 giorni Barack Obama.

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