Dal mondo sindacale e politico arriva una richiesta quasi unanime: il governo non aspetti il 30 ottobre, quando con i dati del terzo trimestre la Fiat renderà noto il nuovo piano, ma convochi l’azienda per sapere subito le intenzioni sugli investimenti e sugli stabilimenti italiani.
Chi non perde tempo invece a far sapere come la pensa, è il patron della Tod’s Diego Della Valle, che scaglia contro i vertici di Torino, Marchionne ed Elkann, accuse pesantissime: la colpa, dice, è vostra. Provocando la reazione del presidente della Ferrari, e suo socio in Ntv, Luca Cordero di Montezemolo, secondo il quale alcune espressioni “sono assolutamente inaccettabili e non dovrebbero mai far parte di una dialettica tra imprenditori. Di tutto abbiamo bisogno in questo momento, ma non di polemiche che non appartengono alla cultura imprenditoriale e che fanno male al Paese”. Intanto il ministro dello Sviluppo Economico, Corrado Passera, ribadisce che chiederà al Lingotto “tutti i chiarimenti” su Fabbrica Italia. Non parla di Italia invece lo stesso Sergio Marchionne che dagli Usa se la prende contro “i colleghi tedeschi, sordi sul nodo della sovracapacità produttiva in Europa”, mentre riconosce alla Bce di avere allentato i timori di una catastrofe in Europa. Il colpo più duro però, è quello di Della Valle, che se la prende con a.d. e presidente, definiti “furbetti cosmopoliti”: “il vero problema della Fiat – attacca – non sono i lavoratori, l’Italia o la crisi che sicuramente esiste: il vero problema sono i suoi azionisti di riferimento e il suo amministratore delegato. Sono loro che stanno facendo le scelte sbagliate”. Contro il top manager del Lingotto anche la leader della Cgil, Susanna Camusso: “Marchionne ha avuto la produttività in più e non ha fatto nulla. L’accordo di Pomigliano è una barbarie”. Parla invece di “scelta drammatica” il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani: “Nessuno vuole il dirigismo, ma se il governo se ne occupasse non sarebbe sbagliato”. Il comunicato con cui la casa torinese spiega che, a causa della grave crisi del mercato, il piano del 2010 è superato e promette “scelte responsabili” ribadisce un concetto espresso più volte da ottobre del 2011 da Marchionne. Eppure il fatto che la Fiat abbia ritenuto di dovere di nuovo mettere nero su bianco questa decisione ha determinato un notevole stato di agitazione: in tutte le fabbriche italiane, da Melfi a Torino, tutte duramente colpite dalla cassa integrazione, aumentano i timori sul futuro. Il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, cerca di gettare acqua sul fuoco e ricorda che il mercato dell’auto “é al lumicino”. “La speranza – afferma – è che riprenda vivacità per riottenere una produzione capace di riassorbire tutte le persone che lavorano nel settore”. sulla stessa lunghezza d’onda il numero uno della Uilm, Rocco Palombella, per il quale “occorre resistere fino a metà del 2013” e fino ad allora la Fiat “può utilizzare contratti di solidarietà e cassa integrazione”. L’Ugl invita “a uno sforzo comune per vedere oltre la crisi”. “La crisi ha aggravato le debolezze del piano Fabbrica Italia che non è mai veramente partito. E’ stato solo usato per dividere i lavoratori e i sindacati”, sostiene Giorgio Airaudo, responsabile Auto della Fiom. Fuori dal coro Roberto Di Maulo, segretario generale del sindacato Fismic: “non c’é bisogno di alcun intervento di Monti o dei suoi ministri. Marchionne ha ribadito che comunicherà le sue scelte a fine ottobre. Nessuna novità, nessun cambiamento”.v