Il tempo stringe sempre di più ma il nodo fondamentale alla base del dissidio fra il governo greco e la troika – la riforma del lavoro – non si riesce a sciogliere: tanto che oggi i leader dei due partiti che sostengono il governo di coalizione del premier Antonis Samaras – Evangelos Venizelos del Pasok e Fotis Kouvelis di Sinistra Democratica – si sono espressi senza mezzi termini contro la riforma, di fatto bloccando un accordo politico su un pacchetto di austerità cruciale per il futuro del Paese.

Anche se, secondo indiscrezioni della Sueddeutsche Zeitung, la Grecia avrebbe ottenuto due anni di tempo in più per risanare il bilancio statale, e anche per l’applicazione proprio della riforma del lavoro e quella delle privatizzazioni. Insomma, secondo il giornale tedesco, Samaras può contare sul fatto che i paesi dell’eurozona daranno il via libera ai 32 miliardi di euro di aiuti necessari. Al termine dell’incontro fra Samaras e i leader dei due partiti, il premier è stato comunque costretto a constatare l’evidenza: “I negoziati con la troika proseguiranno e in questo momento c’é bisogno della maggiore unità possibile tra alleati di governo”, ha commentato ai giornalisti che chiedevano notizie su quell’ultima attesa tranche di aiuti. E mentre il tempo scorre rapido a sfavore di Atene (é ormai certo che a fine novembre le casse statali saranno vuote), la maggioranza parlamentare di cui il governo ha bisogno per far approvare a fine mese il pacchetto di misure comincia a sfaldarsi mettendo così a rischio la coesione stessa della compagine governativa. Infatti, l’uscita di due deputati – Nikos Stavroyannis (Nea Dimokratia), radiato dal partito da Samaras perché dichiaratosi contro misure da lui definite “ingiuste e inefficaci”, e Yiannis Micheloyiannakis (Sinistra Democratica), dimissionario dal partito per lo stesso motivo – ha ridotto la maggioranza del governo in Parlamento a 176 deputati su 300. Ma si sa che sono molti di più quelli pronti a votare a favore di tutte le necessarie misure di austerità decise dal governo d’accordo con la troika ad esclusione di quelle che riguardano la riforma del lavoro. Contro la riforma del lavoro si sono schierati dunque sia Venizelos, sia Kouvelis. “Non è questo il momento di aprire il fronte sulla riforma del lavoro”, è stato il giudizio secco espresso dal leader del Pasok il quale non ha però detto chiaramente se in Parlamento voterebbe a favore o contro un pacchetto di misure che contenesse tali modifiche. “Il Pasok – ha aggiunto Venizelos – conferma il proprio sostegno al governo Samaras ma dobbiamo fare in modo che questo sia davvero l’ultimo pacchetto di misure di austerità perché i greci non possono più sopportarne altre”. Dopo aver definito “ingiustificate e provocatorie” le richieste della troika che, ha aggiunto “dovrebbe tenere a mente che la Grecia non è un protettorato”, Venizelos ha proseguito affermando che “d’ora in poi la soluzione del problema deve essere politica” e, a questo scopo, ha chiesto a Samaras “di attivarsi subito a livello internazionale per arrivare con i suoi colleghi europei a una soluzione accettabile e giusta per il Parlamento e per il popolo greco”. Dal canto suo, Kouvelis ha detto che “le richieste avanzate dalla troika sulla riforma del lavoro sono inammissibili” e “né io né il mio partito voteremo a favore di questa riforma”. Per quanto riguarda tutto il resto del pacchetto di austerità richiesto dai creditori internazionali Paese in cambio della tranche di aiuti, il leader di Sinistra Democratica ha detto che “il discorso è ancora aperto e le trattative proseguono”. Ad Atene si continua comunque a sperare che l’accordo fra i leader dei tre partiti possa essere raggiunto domani. Da parte sua, Samaras appare deciso a “chiudere” il pacchetto delle misure entro venerdì prossimo, giorno della riunione dei tecnocrati dell’Eurogruppo. Una volta concordato, il pacchetto dovrà essere sottoposto al Parlamento per l’approvazione prima della prossima riunione dell’Eurogruppo fissata per il 12 novembre, mentre entro l’11 novembre deve essere approvato anche il bilancio dello Stato che il governo spera di presentare in Parlamento per l’approvazione entro il tre novembre.

 

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