Comincia a delinearsi il profilo del decreto legislativo sull’incandidabilità, che punta a garantire liste pulite già dalle prossime elezioni. Oggi i ministri dell’Interno Anna Maria Cancellieri, della Giustizia Paola Severino e della Funzione Pubblica Filippo Patroni Griffi si sono incontrati per mettere a fuoco i criteri su cui ruoterà il testo, con l’intenzione dichiarata, messa nero su bianco in una nota congiunta, di varare il provvedimento “in tempo utile” per le prossime elezioni.
La scaletta, quindi, è serrata. L’aspetto centrale da risolvere è individuare “criteri oggettivi” a cui agganciare le ipotesi di reato, per evitare che nel provvedimento entrino liste di reati arbitrarie o un rischio di incostituzionalità del decreto. Per far questo, la via migliore è rifarsi al codice e seguire un principio di gravità. Una strada percorribile, infatti, potrebbe essere quella di partire dai reati per cui è previsto l’arresto in flagranza, l’interdizione dai pubblici uffici per i delitti con pena di almeno 5 anni o la custodia cautelare in carcere per i reati con pena minima di 4 anni; lavorando su grandi fattispecie, dai reati societari a quelli patrimoniali ai reati elettorali. Proprio in questa direzione si starebbe muovendo il governo, anche se l’approfondimento è ancora in corso e i tecnici dei ministeri interessati torneranno presto a incontrarsi. La delega affidata al governo è contenuta nell’art. 17 della legge anticorruzione, il cui testo, firmato ieri dal Capo dello Stato, andrà in Gazzetta Ufficiale all’inizio della prossima settimana: da quel momento decorreranno i 15 giorni per l’entrata in vigore della norma e solo dopo potrà essere varato il decreto sull’incandidabilità. Ma a quell’appuntamento, il governo intende arrivare con un testo pronto. Nella delega, tra l’altro, ci sono già dei punti fermi, perché si fa espressamente riferimento a coloro che hanno riportato condanne definitive a pene superiori a due anni di reclusione per i delitti previsti dai commi 3 bis e 3 quater dall’art. 51 del codice di procedura penale (associazione per delinquere, associazione di tipo mafioso, contraffazione, riduzione in schiavitù, tratta di persone, sequestro di persona, associazione finalizzata al traffico di droga, al contrabbando di tabacchi, traffico illecito di rifiuti, terrorismo). Si fa inoltre riferimento ai reati, sempre con una pena di almeno due anni, contro la pubblica amministrazione (peculato, corruzione, concussione, malversazione, ecc.). Ma la delega indica anche, più genericamente, “altri delitti” per cui è prevista una pena detentiva superiore nel massimo a tre anni. E qui si apre uno spazio che il governo deve riempire. I reati per qui è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza (art.380 cpp), la custodia cautelare in carcere per i delitti per cui è prevista la reclusione non inferiore nel massimo a 4 anni (art. 280 cpp) o l’interdizione da pubblici uffici fino a cinque anni potrebbero rappresentare dei primi paletti certi a cui ancorare gli “altri reati” di cui parla la delega. “Bene la solerzia del Governo – commenta il Pd – ma bisogna estendere l’incandidabilità a tutti quei reati, anche fiscali, che contrasterebbero con il principio costituzionale per cui i cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore”.