MONTELLA – Emanuela Pizza, consigliera comunale della Dc, interviene sulla crisi della castagna. “C’era una volta la castagna di Montella, pareva una bella colombina accovacciata, la “palummina”, “ghianda di Giove” dicevano i Greci, dolce, gustosa, dalle eccellenti proprietà, primo prodotto ortofrutticolo in Italia ad ottenere il riconoscimento DOC e poi IGP. C’era una volta, appunto! Ora non c’è più! Il mostro che di anno in anno la sta distruggendo è il cinipide galligeno, del quale, ormai, tutti sappiamo tutto. Ed il Sindaco di Montella cosa fa?
Dopo aver proposto di coltivare mele – magari della cultivar “cassanese”, Signor Sindaco? – si permette il “lusso” di disertare un importantissimo Convegno organizzato da Coldiretti quale momento di seria riflessione all’interno della ormai famosa Sagra della Castagna di Montella, che di presentazioni non ha certo bisogno, e che ha visto la presenza delle più alte Istituzioni in materia sia scientifiche, sia politiche che di organizzazione di categoria, con il Vice Presidente Nazionale Coldiretti. E di riflessioni sulla situazione nella quale versa il comparto castanicolo, delle strade da intraprendere prima che i danni divengano irreversibili ne abbiamo da dover fare tante! Basti dire che in quest’annata castanicola, il prodotto si aggira intorno al 10% del consueto raccolto. Ciò vuol dire perdite del 90%, ciò vuol dire perdita di posti di lavoro, ciò vuol dire arresto di un intero comparto produttivo, ciò vuol dire arresto dell’economia non solo agricola ed agro-industriale, sibbene dell’intero indotto che la castagna genera fino all’immissione al consumo. “Non hanno più pane? Che mangino brioche!”A Maria Antonietta, regina di Francia, l’infelice battuta costò assai cara – Historia Docet! – E l’assenza del Sindaco di Montella è suonata proprio così, a dimostrazione della noncuranza rispetto alla drammatica realtà che vivono i montellesi in primis, per i quali realmente il castagno rappresenta quell’”italico albero del pane” di pascoliana memoria. Né il Comune di Montella può lavarsi la coscienza e dire di aver adempiuto al suo compito, avendo compartecipato con un esborso di € 11.628,30 all’intervento territoriale per le emergenze fitosanitarie, posto in essere dalla Comunità Montana Terminio Cervialto. L’amministrazione Capone, ad esempio, ha recentemente proceduto ad assunzioni a tempo determinato sicuramente non necessarie in tempi di spending review. Ben avrebbe potuto destinare le somme a ciò occorrenti, circa € 200.000,00, per mettere in piedi un progetto di ricerca volto ad individuare metodologie di contrasto al cinipide, a vantaggio della collettività tutta, in una logica di difesa del nostro capitale naturale sia per il suo valore intrinseco sia perché possa continuare a sostenere in modo durevole la prosperità economica. E’ vero, infatti, che fino ad ieri ci era stato imbibito il cervello che l’unico mezzo di lotta al cinipide fosse l’antagonista, c.d. torymus sinensis. E tutti i castanicoltori hanno compiuto un atto di fede ed abbracciato questo rimedio, che, quantomeno offriva una speranza. Oggi, però, gli scienziati ci dicono che col solo torymus, perché la situazione si ristabilizzi, dobbiamo attendere fra i 10 ed i 18 anni. Possiamo attendere così tanto tempo? Nemmeno vale la pena rispondere! Dagli studi di un noto entomologo italiano, il Prof. De Cristoforo dell’Università del Molise, relatore al convegno tenutosi a Montella, è emerso, invece, la necessità di sperimentare la lotta integrata; ergo, torymus sì ma contestualmente concimazione delle piante. Quest’ultima, infatti, quantomeno comincerebbe ad assicurare agli alberi una sufficiente copertura delle esigenze nutrizionali degli stessi, che, indeboliti dalla presenza del cinipide, sono, altresì, maggiormente soggetti all’attacco anche di altre avversità, che potrebbero a loro volta portare alla morte dei castagni. Al di là, tuttavia, della diatriba fra fautori della lotta chimica, della lotta biologica o della lotta integrata, che, allo stato delle cose, poco importa, la strada maestra da perseguire è la difesa ad ogni e qualsiasi costo del nostro prodotto, risorsa insostituibile dello sviluppo socio economico del territorio. Ecco perché alle Istituzioni, Ministero e Regione, va chiesto a gran voce di investire di più sia in termini di ricerca che in termini di sostegno alle aziende castanicole affinché venga assicurata una proficua sopravvivenza delle stesse e, di conseguenza, una minor contrazione del numero di occupati. L’attivazione di provvidenze economiche, tuttavia, la quale può consistere in aiuti nella forma del de minimis, piuttosto che in sgravi fiscali e contributivi, deve essere scevra dall’errore di perseguire la sola logica risarcitoria senza affrontare con decisione prioritariamente il problema tecnico poiché i produttori del Sud America, dell’Est Europa e dell’Asia sicuramente saranno efficacissimi nel far fronte alle richieste di mercato ed una volta entrati difficilmente i nostri produttori potrebbero riconquistare lo spazio lasciato libero per troppo tempo. E a chi i cittadini conferiscono attraverso il proprio voto il mandato di interloquire con le Istituzioni superiori? Ai propri amministratori locali; ma, ahimè, il nostro sindaco si è chiuso in un assordante silenzio ed, intanto, sua maestà il castagno ci saluta e se ne và portando con sé tutte le sue belle figlie…Madama Dorè!”