BENEVENTO – Riceviamo e pubblichiamo una dichiarazione dell’assessore provinciale alle politiche sociali e di parità Annachiara Palmieri per la Giornata internazionale contro la violenza alle donne. “Il nome è relativamente nuovo, ma il crimine è sicuramente vecchio.

Oggi si chiama “femminicidio”, ma la morte di una donna per mano del marito, del compagno, del fratello, del padre, dunque in un ambito familiare, o la morte di una donna per mano di uno stupratore, o di uno stalker in preda ad una frenesia di possesso è un evento terribile che da sempre segna la storia del genere umano. La soppressione delle donne, cioè di quell’essere vivente che, nella struttura sociale umana, è tenuta in ampie parti del pianeta in condizioni di subalternità, emarginazione e di vera e propria sudditanza, costituisce un evento frequente: in talune culture, è addirittura considerato “normale” se non addirittura “contemplato” anche nei Codici religiosi. Anche in Italia, però, che si vuole considerare una civiltà evoluta, si perpetrano ai danni delle donne crimini atroci: peraltro, a completare l’orrore, all’uccisione della donna, per ragioni passionali, spesso si unisce l’annientamento dell’anello più debole di tutta la catena, cioè i figli della donna stessa. Le cronache degli ultimi anni sono piene di fatti del genere. Sebbene nulla possa in qualche misura descrivere lo sgomento che suscita questo tipo di notizia, le fredde cifre delle statistiche gridano che, nei primi dieci mesi di questo 2012, ogni due giorni è stata uccisa una donna, per un totale di 100 femminicidi. Nel 2011 si giunse a quota 127 con un aumento del 6,7% rispetto al 2010. L’Istat inoltre segnala che nel “Bel Paese” 14 milioni di donne hanno subìto una qualche forma di violenza fisica, sessuale o psicologica e che ben 1,4 milioni di donne sono state stuprate. Si ritiene però che il 90% di crimini ai danni delle donne non viene nemmeno denunciato alle Autorità. E’ davvero inutile sottolineare che la condizione sociale in cui la cosiddetta “altra metà del cielo” continua ad essere considerata un oggetto da possedere e, nei casi di sua resistenza più o meno ostinata, anche da buttare via in un cassonetto dell’immondizia, esattamente come si fa con la “cosa” che non ci è più utile o che presenta un malfunzionamento, ebbene tale condizione condanna l’intero corpo sociale a soffrire perquesta ferita e a vivere in una perenne condizione patologica con ripercussioni in tutti i campi. Le fratture nel corpo sociale in cui le donne non sono libere ed anzi debbono patire sofferenze inenarrabili per voler vivere i propri sentimenti e la propria vita senza condizionamenti creano scompensi inguaribili in tutto il corpo sociale. In occasione della Celebrazione della Giornata internazionale contro la vuiolenza sulle donne del 25 novembre, a titolo personale, a nome dell’Amministrazione in carica alla Provincia di Benevento nonché della Commissione provinciale per le pari opportunità mi sia concesso richiamare l’attenzione della pubblica opinione del Sannio su questo lancinante aspetto della vita della collettività. Rivolgo, inoltre, un forte appello al Parlamento affinché legiferi in materia: è ancora possibile farlo, sebbene ormai la Legislatura sia agli sgoccioli. Io auspico che vengano adottate norme che soprattutto impediscano lo scatenarsi della crisi estrema da parte dell’uomo, dello stalker: se si tiene conto, infatti, che la stessa cronaca riporti come l’autore del femminicidio talora chiuda per così dire il cerchio togliendosi la vita, ebbene si comprende bene che si deve agire e subito sui fattori di rischio. Cioè che bisogna fare soprattutto prevenzione. Chiedo, pertanto, venga immediatamente ratificata la Convenzione del Consiglio d’Europa siglata recentemente ad Istanbul: questo provvedimento consentirebbe per la prima volta in questo Paese di adottare misure concrete a tutela delle donne vittime di violenza. Consapevole del fatto che una legge, da sola, non cambia la mentalità, i pregiudizi, una pseudo cultura atavica e tanto meno la voglia di bullismo, vorrei sottolineare, tuttavia, che starsene con le mani in mano a contare i morti o ad assistere agli spettacoli della “Tv dell’orrore” è decisamente peggio.

 

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