Richard Ginori, l’azienda delle porcellane fondata nel 1735, e’ stata dichiarata fallita stamani dal Tribunale di Firenze. I giudici non hanno concesso l’ammissione al concordato preventivo secondo il piano presentato dai liquidatori, che prevedeva la cessione delle attivita’ alla cordata composta dalle aziende Lenox e Apulum (che avrebbero riassunto 270 dei 314 lavoratori), e il saldo di parte dei debiti, comprese le pendenze con l’Erario, cedendo allo Stato le opere del Museo della Porcellana secondo la legge Guttuso.

Un punto di non ritorno, per la Richard Ginori: secondo quanto emerge dal decreto del Tribunale, anche sommando ai 13 milioni offerti da Lenox-Apulum i 23 mln ricavati dalla cessione delle opere allo Stato, i liquidatori sarebbero rimasti lontani dai numeri delle poste passive (circa 38,5 mln di crediti privilegiati e 33 mln di crediti chirografari). Tuttavia il curatore fallimentare nominato dal Tribunale, Andrea Spignoli, ritiene che la situazione sia risolvibile. ”Di problemi ce ne sono tanti – ha dichiarato – vediamo di velocizzare il piu’ possibile per risolvere i piu’ urgenti, a partire dalla continuita’ aziendale”. L’azienda entra adesso in una fase di esercizio provvisorio per tre mesi, nei quali sara’ messo a punto un nuovo bando pubblico per rilevare il prestigioso marchio e la fabbrica di Sesto Fiorentino. Secondo quanto si apprende, Lenox-Apulum avrebbe dato la disponibilita’ anche a curare la fase di esercizio provvisorio, mentre Sambonet, che aveva presentato a sua volta un’offerta, sarebbe intenzionata a riproporsi: il bando sarebbe comunque aperto nuovamente a tutti i soggetti interessati. La tutela dei livelli occupazionali per Spignoli ”dovrebbe essere un punto di valutazione delle offerte; non ci sara’ solo il prezzo, ci saranno alcuni fattori”. Il curatore fallimentare ha confermato che riprendera’ anche i contatti con il governo al fine di sbloccare l’iter previsto dalla legge Guttuso, fin qui non attuato concretamente. Nel frattempo i Cobas, che stamani hanno manifestato a Palazzo di Giustizia e sono stati ricevuti presso la Regione Toscana, hanno occupato il piazzale interno alla fabbrica, e hanno contestato i rappresentanti dei sindacati confederali, con cui da tempo esistono divergenze sulle scelte da fare per salvare l’azienda.

 

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