CASERTA – Il braccio di ferro ingaggiato da Rosy Bindi con Massimo D’Alema sull’esclusione di cinque candidati dalle liste Pd della Campania avrebbe contribuito allo “scippo” del quarto posto alla Camera a Nicola Caputo. La sfida tra la “pasionaria” e “baffino”, che ha il sapore di una resa dei conti interna, ha gettato altra benzina sul fuoco delle polemiche sorte sulle candidatura di persone alle prese con problemi con la giustizia.

In un clima già ostile ai vincitori delle primarie finiti nel mirino della commissione nazionale di garanzia, il veto della Bindi a candidare alcuni esponenti legati a D’Alema ha scatenato un effetto domino, con la conseguenza che alla fine tutti ci hanno rimesso le penne. Infatti, l’ex presidente del Consiglio ha risposto all’offensiva di Rosy con un controveto: o si candidano tutti, oppure nessuno. L’esito è noto a tutti. Piazza pulita dei candidati incappati nelle maglie della giustizia, a prescindere dai presunti reati di cui devono rispondere ai magistrati.

Il più penalizzato dai giochi di potere tra le correnti è stato il casertano Caputo, fatto fuori per un avviso di garanzia per presunte irregolarità sui rimborsi per i consiglieri regionali, mentre i procedimenti a carico degli altri esclusi riguardano accuse molto più pesanti. Ieri nella sede provinciale del Pd di Terra di Lavoro si sono autoconvocati moltissimi sostenitori di Caputo.

E oggi il consigliere regionale ringrazia tramite Facebook: “L’affetto che mi avete dimostrato in questi giorni e l’emozionante incontro di ieri mi danno la forza per guardare al futuro in positivo. Non trovo le parole giuste per descrivervi quanto sono felice di essere uno di voi. Vorrei nominarvi tutti per ringraziarvi, ma siete tanti. Vi voglio bene! Siamo un gruppo formidabile! É vero, abbiamo subito un’ingiustizia incredibile. Abbiamo, però, la forza, le capacità e la determinazione per cambiare il partito e migliorare la nostra terra. Nonostante gli sciacalli”.

E proprio con quelli che Caputo definisce “sciacalli” già nei prossimi giorni ci potrebbe essere il “redde rationem”.

Mario De Michele

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