VILLA LITERNO – Crolla un altro tassello fondamentale dal mosaico accusatorio della Dda di Napoli nell’inchiesta sull’appalto per la riqualificazione urbana di Villa Literno. La Cassazione, quinta sezione penale, ha annullato l’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di Giuseppe e Pasquale Mastrominico.
I due fratelli imprenditori furono arrestati, e sono tutt’ora in carcere, il 15 novembre 2011, nell’ambito dell’operazione “Favola”, che portò all’arresto di altre 7 persone (tra cui l’allora sindaco di Villa Literno Enrico Fabozzi) e al sequestro di beni per un valore di 10 milioni di euro. Secondo il Tribunale di Napoli, che ha emesso l’ordinanza su richiesta dei pm della Dda, i fratelli Mastrominico sarebbero costruttori legati al clan dei Casalesi.
E proprio per conto della camorra avrebbero partecipato, aggiudicandosela, alla gara d’appalto per i lavori di riqualificazione urbana di Villa Literno per un importo di circa 13 milioni, dopo aver costituito un Ati (associazione temporanea di imprese) con Giovanni Malinconico, imprenditore anch’egli arrestato perché ritenuto dai pm emanazione dei Casalesi. L’impianto accusatorio si basa essenzialmente (come nel caso di Fabozzi, ora consigliere regionale) sulle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia. Ma proprio l’inattendibilità dei pentiti e l’assenza di riscontri oggettivi hanno indotto la Suprema corte ad annullare l’ordinanza a carico dei Mastrominico.
Nel ricorso presentato da Vittorio Giaquinto, legale dei due imprenditori, vengono evidenziate le palesi contraddizioni dei collaboratori di giustizia. In particolare la difesa fa notare che i pentiti “Tammaro Diana e Luigi Tartarone si limitano a rappresentare circostanze apprese da altri, senza neppure distinguere (fra Giuseppe e Pasquale Mastrominico) a quale soggetto con quel cognome intendessero riferire i fatti in tal modo appresi”.
Addirittura un altro collaboratore di giustizia, Emilio Di Caterino, che sostiene di essere a conoscenza in prima persona delle circostanze di cui riferisce, dice cose risultate false (come dai riscontri effettuati). Di Caterino afferma che era “usuale la collaborazione tra le imprese di Mastrominico e quella di Malinconico, anche come Ati”. E’ invece documentato che l’unica collaborazione tra le ditte è avvenuta per la gara di appalto per i lavori di riqualificazione di Villa Literno.
Ma le inesattezze di Di Caterino non finiscono qua. Il pentito sostiene che le ditte incaricate della fornitura del cemento per quei lavori farebbero capo a tali Zagaria e Pastorano. In realtà (e basta visionare le fatture di pagamento) quella fornitura era stata prestata dalla Beton Srl. Insomma, i collaboratori di giustizia dicono una lunga serie di bugie.
La difesa fa inoltre notare che i Mastrominico “dovrebbero intendersi soggetti impegnati nel contrastare la criminalità organizzata, piuttosto che animati dalla volontà di favorire questa o quella associazione, come dimostrano le numerosissime querele presentate nel corso degli anni per denunciare plurimi episodi di tentata estorsione da parte di clan camorristici”.
E ancora: “Sono stati destinatari – sottolinea l’avvocato dei fratelli Mastrominico – di provvedimenti di vigilanza e tutela da parte delle forze dell’ordine proprio a seguito di quelle denunce, e si sono costituiti parti civili in processi a carico di presunti esponenti dei Casalesi”.
Una domanda nasce spontanea: com’è possibile che imprenditori legati alla camorra denuncino gli esponenti del clan? A questo interrogativo, semplice semplice, gli inquirenti non solo non forniscono una spiegazione ragionevole, ma addirittura non si degnano neanche di rispondere.
Peraltro la Cassazione ha anche annullato un’altra ordinanza a carico dei Mastrominico per presunta turbativa d’asta (coindagati Fabozzi e Malinconico) sempre in riferimento alla gara per i lavori di riqualificazione urbana di Villa Literno. Così come sancito per Fabozzi, i giudici della Suprema corte hanno rilevato che i pentiti, da un lato affermano che la gara è stata truccata, e dall’altro ammettono che non sono in grado di spiegare come sarebbe stata pilotata.
Siamo alla fiera delle contraddizioni, o al teatro dell’assurdo. Purtroppo però c’è ben poco da ridere perché Giuseppe e Pasquale Mastrominico sono ancora in carcere da circa 15 mesi sulla base delle bugie dei pentiti. Fabozzi docet.
Mario De Michele