CASAPESENNA – Nel corso della mattinata, la Squadra Mobile di Caserta, diretta dal Vice Questore Alessandro Tocco, ad epilogo di indagini coordinate dalla Procura Distrettuale di Napoli, ha eseguito un ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal Gip del Tribunale partenopeo, nei confronti di Antonio Zagaria, 51enne di Casapesenna, fratello del boss Michele, in relazione al reato di associazione di stampo mafioso, e nei confronti di Rosaria Massa, moglie di Vincenzo Inquieto, 40enne di Casapesenna, in relazione ai reati di favoreggiamento e procurata inosservanza di pene, aggravati dall’avere agito al fine di agevolare il clan dei Casalesi-fazione Zagaria.
Il provvedimento restrittivo si inserisce nel contesto delle indagini coordinate dalla D.D.A. di Napoli e condotte dalla Squadra Mobile di Caserta per la cattura del latitante Michele Zagaria, arrestato a Casapesenna, il 7 dicembre 2011, nel rifugio-bunker di Via Mascagni 9. Infatti, le investigazioni appuravano che Antonio Zagaria, già arrestato il 20 novembre scorso dalla Squadra Mobile di Caserta per tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso, avendo sempre ricoperto un ruolo verticistico nella consorteria camorrista, congiuntamente agli altri due fratelli Pasquale e Carmine – sino al loro arresto avvenuto, rispettivamente, il 28 giugno 2007 ed il 27 gennaio 2011 -, dopo la cattura del boss, aveva preso in mano le redini del clan, gestendone personalmente le attività criminose, la cassa, le risorse finanziarie e la distribuzione degli stipendi ai familiari degli affiliati detenuti. Peraltro, il ruolo eminente ricoperto da Antonio Zagaria è stato confermato da diversi collaboratori di giustizia, quali Salvatore Venosa, Tammaro Diana, Salvatore Laiso e Roberto Vargas.
Inoltre, gli investigatori guidati dal vice questore Tocco hanno appurato anche il diretto e consapevole ruolo svolto dalla citata Rosaria Massa, unitamente al coniuge Vincenzo Inquieto, tuttora detenuto, nel favorire la latitanza di Michele Zagaria, consentendogli di continuare ad eludere le ricerche delle forze di polizia e, così, sottrarsi all’esecuzione dei numerosi provvedimenti restrittivi, alcuni anche definitivi, emessi dalla magistratura nei suoi confronti. Infatti, attraverso servizi di intercettazione e complesse perizie, si accertava che la donna non poteva ignorare l’esistenza del sofisticato rifugio che ospitava il boss Michele Zagaria, realizzato sotto il locale lavanderia della sua abitazione, attraverso lavori complessi e sicuramente prolungati.
Peraltro, il bunker disponeva di un sistema di comunicazione interna, tramite citofoni, collegato direttamente con la cucina e la camera matrimoniale dei coniugi, circostanza che conferma il loro quotidiano rapporto con il boss, costretto ad uscire dal rifugio per consumare i pasti, non disponendo di una cucina. Inoltre, Rosaria Massa, anche dopo la cattura del boss, ha continuato a mantenere contatti con il boss, attraverso una fitta corrispondenza epistolare, che confermava la familiarità dei suoi rapporti con Michele Zagaria e, quindi, la non occasionale presenza dell’ex latitante nel rifugio ricavato nella sua abitazione.