Cinefilo compulsivo e onnivoro. Collezionista di luoghi comuni dei film di serie B. Immaginifico ideatore di dialoghi improbabili (di culto, su tutti, quelli de ‘Le iene’), Quentin Tarantino è arrivato ai cinquanta anni di slancio, come capita a coloro che non hanno mai davvero un’età.
“Sono una specie di aspirapolvere – così si è descritto una volta lo stesso Tarantino -. Prendo materiale da ogni cinematografia”. Nato a Knoxville (Tennessee) il 27 marzo 1963 da Connie McHugh, infermiera sedicenne di origini irlandesi e cherokee, e da Tony Tarantino, attore e musicista di origini italiane che abbandona la famiglia prima della sua nascita, Tarantino non ha un’infanzia felice. Cresce con Curt Zastoupil, secondo marito della madre e suo padre adottivo a cui si lega molto fino al divorzio della coppia e al trasferimento a El Segundo (Los Angeles) dove Quentin frequenta la Hawthorne Christian School.
Entrando invece nella leggenda di questo regista, nel 1977, quattordicenne, scrive la sua prima sceneggiatura (Captain Peachfuzz and the Anchovy Bandit), lavora poi come maschera al Pussycat, un cinema porno di Torrance, sfiora una scuola di recitazione e arriva, infine, negli anni Ottanta al famoso videonoleggio Manhattan Beach Video Archives di Los Angeles dove si ritrova nel suo vero regno, tra centinaia e centinaia di film di ogni luogo e nazionalità da potere vedere e rivedere quando vuole. Ma cosa fa grande il cinema di Tarantino? Intanto il suo guardare al passato, al cinema di serie B di ogni parte del mondo, compresi sicuramente gli spaghetti western italiani. Il fatto poi di aver messo in scena e dato voce al genere splatter (‘to splat’ richiama gli schizzi di sangue, ovvero effetti speciali a go-go). E ancora, Tarantino è grande per aver reinventato nuovi mondi o la stessa storia, come ha fatto in ‘Kill Bill’ o ‘Ingloriuos Basterds’ (Bastardi senza gloria).
Fuori dal circuito hollywoodiano, il regista, re del paradosso e di una violenza barocca che non si era mai vista al cinema, ha portato sullo schermo capolavori come ‘Pulp fiction’ (Palma d’oro a Cannes nel 1994), gangster story surreale dove succede di tutto: illuminazioni mistiche, supermachi di colore sodomizzati dallo psicopatico di turno e orologi tramandati di padre in figlio fin dentro il proprio corpo. A parte il sanguinolento-dialettico ‘Le iene’ (scena cult il dibattito su Like a virgin di Madonna), sono da citare i due atti di rivisitazione del cinema ‘wuxiapan’ con ‘Kill Bill’ (2003) con Uma Thurman accanto a David Carradine, Daryl Hannah, Michael Madsen, Lucy Liu e Sonny Chiba.
Nel 2009 presenta a Cannes ‘Bastardi senza gloria’, con un finale diverso della seconda guerra mondiale, e poi ancora, dalla sua creatività, arriva una rivisitazione del western dedicata alla schiavitù con protagonisti Leonardo DiCaprio e Jamie Foxx, ovvero ‘Django Unchained’, film che ha appena conquistato l’Oscar per miglior sceneggiatura originale.
Scena cult di ‘Pulp fiction’ quella che vede un campione di box famoso e pieno di muscoli come Bruce Willis deriso al bancone di un bar da due veri delinquenti come John Travolta e Samuel Jackson. “Che hai da guardare, bestione?” dice Travolta con disprezzo a Willis. E quest’ultimo non dice nulla. Il vero potere non sta certo nei suoi muscoli, ma nella pistola di Travolta pronta a sparare. E questo Tarantino lo sa bene.