Sara’ una Direzione all’inizio della prossima settimana a sancire l’accettazione da parte del Pd del cosiddetto ”piano B”, rispetto al tipo di governo che voleva formare Pier Luigi Bersani e che l’ultima Direzione aveva appoggiato all’unanimita’, pur con lo scetticismo da parte di diverse componenti.

Questo passaggio non sara’ senza conseguenze interne, con il riaccendersi gia’ oggi di un dibattito precongressuale. Molti infatti accusano Bersani di aver costretto il partito ad un ”Chicken game”, il gioco di chi salta per ultimo correndo verso il burrone, baratro nel quale pero’ sarebbe finito proprio il segretario. E’ stato il fuoco di dichiarazioni partite gia’ in mattinata a dare il polso degli umori in casa Democrats, specie dopo il ”niet” di Berlusconi. Mentre Debora Serracchiani diceva che il ”piano B del Pd si chiama Matteo Renzi” da richiamare alle armi ”subito”, Davide Zoggia, membro della segreteria definiva ”inopportune” le parole dell’eurodeputata, mentre il ”giovane turco” Matteo Orfini parlava di ”follia”.

Quando nel pomeriggio anche i capigruppo di M5S hanno sbattuto la porta in faccia al Pd, e’ scattato un senso di frustrazione per aver inseguito inutilmente Grillo. Pino Pisicchio, di Centro Democratico, esterno al Pd ma pur sempre alleato, ha garbatamente invitato i Democrat a prendere atto che i ”grillini” sono ”ostentatamente antagonisti rispetto all’impianto della democrazia rappresentativa, alle procedure parlamentari e ad un cospicuo numero di articoli della Costituzione”. Piu’ d’uno in casa Pd ha rimpianto di non aver dato ascolto ai suggerimenti fatti da Massimo D’Alema all’ultima Direzione di non chiudere a priori alle larghe intese.

Insomma a Montecitorio c’e’ chi richiamava la scena del ”Chicken game” del film ”Gioventu’ bruciata” in cui i protagonisti corrono in auto verso il burrone: vince chi salta dalla vettura per ultimo, ma uno dei due precipita nel baratro. Nel Pd e’ scattato proprio questo timore e gia’ prima che Enrico Letta e i capigruppo salissero al Quirinale, il panico ha spinto molti a proporre alternative: dal governo del presidente, rilanciato da Paolo Gentiloni, all’invito di Beppe Fioroni a ”sparigliare” con formule diverse da quelle di Bersani.

Nel pomeriggio hanno preso corpo i ”boatos” di pressioni su Matteo Renzi a scendere in campo subito, anche perche’ un sondaggio Swg confermato l’appeal del sindaco di Firenze (il 66% degli elettori lo vuole leader del centrosinistra). Scenario che l’interessato nemmeno prende in considerazione. Quando Enrico Letta dopo il colloqui con il presidente Napolitano ha annunciato che il Pd si rimette alle sue decisioni, molti parlamentari sui social network hanno salutato positivamente il passaggio al ”piano B”. Ma questo prelude uno scontro in Direzione tra le componenti piu’ vicine a Bersani, che come subordinata hanno le urne, e le altre aree che non ne vogliono sentire parlare (‘renziani’, area Franceschini, ex popolari, ecc). Con una accelerazione della corsa al Congresso.

 

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui