Pier Luigi Bersani frena quanti nel Pd, a partire da Dario Franceschini, avevano allargato le maglie per un’intesa con il Pdl, aprendo spazi ad una collaborazione di governo. “Ci vuole un governo che possa agire univocamente e non viva di equilibrismi, di precarie composizioni di forze contrastanti”, resta la linea Maginot del leader Pd, che domani all’assemblea dei gruppi cercherà di ricompattare un partito in forte tensione alla vigilia della stretta nelle trattative con il Pdl sul Colle prima dell’incontro con il Cav previsto tra mercoledì e giovedì.

Il confronto tra i mediatori Pd e Pdl non sembra, ad oggi, fare decisivi passi avanti: i fedelissimi di Bersani sono pronti ad individuare, dentro una rosa, il candidato alla presidenza della Repubblica più gradito al centrodestra ma “Berlusconi – spiega un dirigente dem – vuole garanzie anche sul governo o un nome di centrodestra al Colle”. Proprio per rimettere il treno sui binari, non solo nella trattativa con il Pdl ma anche nel confronto interno al Pd, oggi Bersani ribadisce la sua proposta ferma sulla formula governo del cambiamento e convenzione per le riforme. Altre ipotesi non esistono altrimenti “predisporremmo solo il calendario di giorni peggiori”. Parole che “azzerano”, spiegano dentro il Pd, gli spazi di manovra e le aperture dell’area, sempre più larga tra i dem, di chi, pur di evitare il voto, punterebbe ad un governo di scopo con un’intesa un po’ più organica con il Pdl, magari individuando ministri di area centrodestra. “Con questa posizione rischiamo il cul de sac”, si lamenta l’area moderata che però evita l’affondo sul segretario prima di capire come finirà la partita con Berlusconi. Eppure qualcosa si muove se un renziano come Roberto Reggi sente aria di complotto anti-sindaco: “Berlusconi e Bersani hanno paura del rinnovamento e in questo senso discutono anche di un possibile governo” per sbarrare la strada a Matteo Renzi e “non solo a lui”. Ma non è solo il sindaco di Firenze a tenere alta la tensione nel Pd. Le opposte tifoserie si infiammano quasi quotidianamente, come è successo oggi dopo che Corradino Mineo ha denunciato “la gravissima responsabilità di Napolitano perché avrebbe dovuto dare l’incarico pieno a Bersani”. La realtà, come confessano in molti, è che tutti ormai hanno un occhio alla scelta del Capo dello Stato e un altro al congresso, dove si deciderà il prossimo leader che sarà anche il prossimo candidato premier salvo il precipitare della situazione verso le elezioni a giugno. Divisioni e malumori tali da spingere Walter Veltroni a puntare l’indice contro chi “da irresponsabile” parla di scissioni dentro il Pd invece di pensare “al bene del paese”. Questa situazione è destinata a scomporre e ricomporre equilibri e alleanze. Non è un caso che giovedì prossimo, a Firenze, potrebbero incontrarsi Matteo Renzi e Massimo D’Alema, che durante le primarie se le sono date di santa ragione. Il presidente del Copasir terrà, su invito del renziano Dario Nardella, una lezione sulla crisi dei partiti europei e sindaco e ex ministro potrebbero cogliere l’occasione per vedersi e parlare.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui