“Duplice suicidio”: questa l’ipotesi principale per la morte di Elisabetta Grande e Maria Belmonte, madre e figlia trovate in una intercapedine della loro villa di Castelvolturno a otto anni di distanza dalla loro scomparsa. La “verita’ scientifica” sul decesso delle donne e’ nella relazione finale consegnata dal perito Francesco Introna al pm Silvio Marco Guarriello della procura di Santa Maria Capua Vetere. La perizia firmata dell’anatomopatologo – incaricato dalla procura di analizzare i resti dei cadaveri trovati dalla polizia il 13 novembre scorso – spiega che all’interno della bacinella trovata accanto ai resti delle due donne c’erano tracce di benzodiazepina, farmaco contenuto nel Minias, un ipnotico per combattere l’insonnia.

Non ci sono, invece, tracce sulle ossa che potrebbero far pensare a una morte violenta e provocata da terzi. Stando alla relazione, in ragione della posizione dei cadaveri all’interno della camera d’aria costruita sotto la villa e in virtu’ dei rilievi chimici eseguiti, le due donne si sarebbe recate in quel vano (dove poi, divenute cadaveri, sono rimaste per otto anni) volontariamente. Un altro esame eseguito dal professore e’ stato il carotaggio nel terreno della villa dove viveva il medico Domenico Belmonte (difeso dagli avvocati Carlo e Giancarla De Stavola e Rocco Trombetti), accusato dell’omicidio della moglie e della figlia assieme a Salvatore de Maiolo (difeso dall’avvocato Nando Letizia), l’ex marito della figlia. Il campionamento del terreno della villa (eseguito il 30 marzo scorso) ha svelato tracce di acido muriatico e solfato di tallio, di solito utilizzato nella preparazione di esche avvelenate contro i topi. Stando alla ricostruzione di Introna, le due sostanze sarebbero state utilizzate per contribuire alla putrescenza dei cadaveri. Un’altra ipotesi che viene avanzata nella relazione di Introna e’ che nel vano della villa sia entrata piu’ volte acqua perche’ a 30 centimetri dalla superficie del terreno sono state trovate tracce di acqua di mare. Spesso, dunque, la camera d’aria sarebbe stata raggiunta da acqua che avrebbe “lavato” piu’ volte i due cadaveri attraverso una tecnica che viene definita “washing”.

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