CASTELVOLTURNO – Sono seicentoquindici le pagine della motivazione della sentenza sulla condanna all’ergastolo del killer Giuseppe Setola e di altri tre affiliati accusati di essere esecutori materiali della strage degli immigrati di Castelvolturno, in cui rimasero uccisi sei extracomunitari, consumata il 18 settembre del 2008. La sentenza e’ stata depositata oggi in cancelleria dal giudice del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, Maria Chiara Francica, che ha dato spazio alla spiegazione del concetto di “strage” in un unico grande capitolo che comprende 13 paragrafi. Due i moventi della strage descritti dal giudice estensore.

Il primo legato al pizzo sullo spaccio la droga sul Litorale Domizio. Il secondo riguarda la pista delll’organizzazione criminale che voleva entrare nella spartizione dei finanziamenti per la riqualificazione del Litorale Domitio, ma per fare cio’ bisognava “ripulire” la zona con l’ allontanamento degli africani. Il movente principale, nella sentenza, pero’, e’ rimasto quello legato alla pretesa di Giuseppe Setola di riscuotere dagli africani che spacciavano droga dai 30 ai 40 mila euro al mese, sotto forma di tangenti. I giudici della prima sezione della Corte di Assise del tribunale di Santa Maria Capua Vetere – presidente Elvi Capecelatro, a latere Maria Chiara Francica – il 14 aprile scorso, avevano riconosciuto le aggravanti dell’odio razziale e del fine terroristico della cosiddetta strage di San Gennaro. Il verdetto di 4 ergastoli e una condanna a 23 anni di reclusione per Antonio Alluce aveva riconosciuto i risarcimenti ai familiari delle vittime e a Joseph Aymbora, unico superstite e testimone chiave della strage, all’associazione ‘Mo’ basta’, ai Comuni di Castelvolturno e di Casal di Principe e al centro sociale ex canapificio di Caserta. Nella sentenza il giudice Francica ha racchiuso la motivazione delle aggravanti dell’odio razziale e del fine terroristico in circa 50 pagine spiegando che “Setola voleva far comprendere a tutta la popolazione nigeriana, o comunque di colore – si legge nella sentenza – che in quel territorio bisognava sottostare a regole determinate e che tali regole non erano certo quelle dettate dallo Stato, bensi’ dal sodalizio criminoso che egli capeggiava e senza il cui assenso alcuna attivita’ poteva essere intrapresa o gestita” e aggiungendo anche “per le sue modalita’ di indifferenziata aggressione ai presenti, la strage aveva lasciato in essi una cicatrice profonda ed incancellabile”.

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