Emma Bonino non ha mai avuto alcuna intenzione di dimettersi per il pasticcio Ablyazov e domani, in Parlamento, proverà a chiarire tutti quei “punti oscuri” sulla vicenda da lei stessa evocati ieri a Bruxelles. Davanti alle commissioni Esteri, sarà il suo turno spiegare cosa è successo, cosa ha fatto il suo ministero, e cosa intende fare adesso. Un passaggio difficile, quello che l’attende domani. Umanamente forse ancor più che politicamente.
Perché c’é un dossier sul suo tavolo che tocca da vicino una delle sue battaglie di una vita, i diritti umani e la tutela dei rifugiati che la ‘pasionaria’ radicale ha sempre messo al centro della sua carriera politica. Come ricordato dallo stesso premier Enrico Letta che, intervenendo sulla vicenda venerdì scorso in aula, ha sottolineato come la Bonino non abbia mai abdicato ai suoi 30 anni di impegno. Ma domani la responsabile della Farnesina andrà a Palazzo Madama determinata a non farsi sopraffare dall’emotività, senza scorciatoie o mosse plateali. Misurando con il bilancino ogni parola. Ed escludendo categoricamente quelle voci che, nelle ultime ore, lasciavano intendere che stesse ipotizzando anche l’idea di un ‘passo indietro’. “Non ha mai pensato alle dimissioni”, fa sapere infatti chi in queste ore alla Farnesina gli è vicino nello sbrogliare una matassa che ha già messo a rischio la tenuta dell’intero governo, chiamando il Parlamento ad un voto di fiducia sul responsabile degli Interni, Angelino Alfano. Bonino arriverà in parlamento ‘forte’ anche delle parole rimbalzate oggi a Roma della figlia di Alma Shalabayeva, Madina, che ha ringraziato la Farnesina ed il suo ministro per quanto “stanno facendo” . “Per gli sforzi che ha fatto e continua a fare, anche a livello personale, nell’interesse di mia madre e mia sorella”, ha detto la giovane, dicendosi “certa in una soluzione”. Soluzione che deve passare – ha ricordato citando il parere degli esperti Onu sulla vicenda – per un’intesa tra Roma e Astana. Parole che si aggiungono a quella, pur timida e tutta da verificare, apertura delle autorità kazake che hanno definito “giuridicamente possibile” il rientro della donna e di sua figlia in Italia, a patto che sia lei a chiederlo e in cambio di “cauzione e garanzie”. La titolare della Farnesina continuerebbe così anche a valutare una possibile espulsione dell’ ‘iperattivo’ ambasciatore kazaco a Roma. Ma con cautela. La decisione che, da un lato, potrebbe essere letta come un passo naturale in un caso così intricato, potrebbe infatti causare – e lei lo ha ricordato ieri – un “taglio dei ponti” che rischierebbe di complicare ancor di più rapporti che invece devono portare ad un’intesa per la soluzione del caso. E, ancora, rischierebbe di innescare rappresaglie: un provvedimento analogo cioé nei confronti dell’ambasciatore italiano a Astana, Alberto Pieri, importante ‘antenna’ nel paese per monitorare le condizioni della Shalabayeva. Di certo il ministro degli Esteri domani sarà bersaglio di un fuoco di fila di domande e richieste di chiarimenti da parte di un parlamento che vuole vederci chiaro, con Sel e M5S non certo intenzionati a mollare la presa. E dovrà dribblare tra il suo impegno – sempre prioritario, anche a costo di scioperi di fame e sete – a tutela dei diritti umani e la freddezza di un ministro che difende l’operato del suo dicastero. E, forse, dell’intero governo dopo le tante polemiche che hanno rischiato di travolgere il Viminale. Senza contare che l’affaire Ablyazov continua ad allargarsi ad altri paesi: l’Austria ha aperto infatti un’inchiesta visto che il ‘rimpatrio’ di Alma e della figlioletta è avvenuto su un aereo battente bandiera bandiera e quindi sul suo territorio. E la Spagna ha deciso di estradare l’ex capo della sicurezza di Mukthar Ablyazov, accusato di terrorismo e truffa in Kazakistan. Mentre del ‘dissidente-fuggitivo’, dopo il periodo di asilo britannico, si sono completamente perse le tracce.