di Beniamino De Michele*

Avevo appena incominciato a scrivere alcune riflessioni sul mio paese quando si sparse la notizia che nella chiesa di San Cesario si erano verificati alcuni furti. La notizia in poco tempo fece il giro del paese, e mentre tutti si chiedevano chi poteva essere stato, io mi chiesi perché avevano fatto questo. La cosa che mi sconvolse, che di fronte a questa notizia, i giovani avevano ridacchiato, non avevano reagito.

Per tanti come me nati giovani e diventati vecchi, quel furto nella Chiesa di San Cesario era un qualcosa che non si riusciva a sopportare. Non vedere più la statua di Santa Sinforosa, quella di San Francesca delle cinque piaghe e quella di San Cesario spoglia della sua corona d’argento, del suo libro e della mitica “frascuccia” d’ulivo, faceva davvero male al cuore. Mi rendevo conto che il paese dei Cirenei era diventato un paese di Pilati dove tutti erano pronti a lavarsi le mani; cosa ancora più grave, erano questi giovani, più degli altri, a lavarsi le mani. Lasciare morire la mia infanzia con il mio paese mi è molto difficile.

L’infanzia? Un qualcosa che i nostri figli non sapranno mai cosa sia, che cosa ha rappresentato per quei giovani come noi. La speranza che ci fossero giovani capaci di sostituirci è stata da sempre il mio grande sogno, purtroppo, a differenza di noi che nascevamo giovani per diventare vecchi, questi nascono vecchi per diventare giovani. Una sofferenza atroce costatare che anche la tua isola è piena di questi giovani nati vecchi dove i letti sono sempre pieni e il mendicante che è in loro è sempre pronto; mentre a te hanno già riservato la contestazione: non servi a niente, le tue idee sono superate.

E quando ti va bene, sei il mantenuto di tua moglie, mentre hanno già deciso di chiuderti in qualche riserva indiana di gente inutile, perché non riesci a essere loro amico, devi per forza di cosa essere il padre. Un compito difficile quello del padre, perché quando dici sì, sei un amico, quando dici no, sei il padre. A volte anche nelle lacrime questi giovani nati vecchi fanno la distinzione: per il padre, poche lacrime e tanta discussione, per l’amico, tante lacrime e poche discussioni.

E mentre ti chiedi se sei stato un padre o un amico, senza riuscire a capirlo, nello spazio che divide la mattina dalla sera, mentre sei seduto con Luigi, Antonio, Antimo, Rino e Gino, su di una panchina scomoda, improvvisamente, Qualcuno vestito di nero ti porta via per consegnarti, quando sei fortunato, a Qualcuno vestito di bianco. E mentre ti allontani da quella panchina e da quei pochi amici, il rimorso di non aver fatto abbastanza affinché la tua paura non alimentasse la mangiatoia dei delinquenti, ti prende il cuore, e il dubbio che quel Qualcuno vestito di bianco ti perdonerà, aumenta ancora di più.

*Componente direttivo Pro Loco Cesa

 

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