Non ha avuto sosta l’attività investigativa, delegata dalla Procura della Repubblica di S.M. Capua Vetere al Corpo Forestale dello Stato, in relazione all’accertamento della qualità e salubrità degli alimenti derivati dal latte di bufala. Dopo il sequestro di maggio e giugno di 800 bufale all’interno di tre allevamenti del casertano che ha portato al blocco del latte del caseificio e alla distruzione del latte infetto, in data odierna sono stati posti sotto sequestro su disposizione del GIP del Tribunale di S. Maria Capua Vetere altri 1112 animali, localizzati in quattro distinti allevamenti.

 

Anche questa attività si è resa necessaria a seguito della scoperta dell’illegale sistema di copertura della brucellosi ai danni della salute pubblica e del consumatore. I controlli della Forestale hanno evidenziato, intatti, che i capi di bestiame sequestrati erano stati sottoposti alla somministrazione di dosi massicce di vaccino, servito ad occultare la presenza della malattia infettiva durante i controlli sanitari. Tale “accorgimento” fraudolento è finalizzato ad evitare l’abbattimento dell’animale infetto, come invece previsto dal programma europeo di eradicazione della brucellosi proprio al fine di eliminare il rischio di infezione. Conseguenza dell’espediente utilizzato dagli allevatori è il passaggio del batterio vivo della brucella dall’animale al latte prodotto, con evidente pericolo di contaminazione anche per il consumatore. Il sistema criminale, smascherato dalla Forestale, favorisce la permanenza del batterio negli allevamenti e negli altri luoghi di lavorazione del latte infetto, con conseguente pericolo di contaminazione per gli operatori che manipolano il latte prima della pastorizzazione.

L’attività investigativa, denominata dalla polizia giudiziaria operante “Operazione Bufale sicure 2”, è stata condotta dal personale del Corpo forestale dello Stato (Comando Provinciale di Casetta e Nucleo Agroalimentare e Forestale – N A F – di Roma), sotto la direzione di questa Procura ella Procura della Repubblica. L’indagine del Corpo Forestale dello Stato ha fatto emergere che il vaccino era stato somministrato agli animali (dei quali alcuni trovati affetti appunto da brucellosi) in età adulta, malgrado l’Unione Europea consenta, e solo in alcune zone del Sud Italia, la somministrazione di vaccino limitatamente alle bufale in età compresa tra i 6 e i 9 mesi e con il rispetto dei protocolli sanitari. Scopo degli allevatori incriminati, come si è detto, è l’occultamento dell’infezione da brucellosi, che, in presenza del vaccino, non può essere rilevata con il metodo tradizionale di analisi (metodo SAR “Siero Agglutinazione Rapida”), normalmente utilizzato in Italia e all’estero ma utilizzando il metodo di seconda analisi denominato, I;dC (Fissazione del Complemento) che. appunto, ha consentito di fare emergere la presenza di capi bruceilotiei. Doppio è stato il danno perpetrato dagli allevatori, sia alla salute, sia all’economia. titolari dell’allevamento, infatti, non solo nascondevano la malattia infettiva delle bufale, eludendo i controlli messi in atto dalle autorità sanitarie territoriali e nazionali a partire dall’anno 2000, ma, dopo aver sfruttato fino allo stremo gli animali per ricavarne quanto più latte possibile, procedevano al loro abbattimento al solo scopo di percepire i contribuii previsti dall’Unione Kuropea. Anche in questa seconda opera/ione si è rilevato prezioso l’ausilio specialistico dell’Istituto ‘Zooprofiliiltico di Teramo. centro di eccellenza e referenza nazionale di rilievo europeo per la prevenzione della brucellosi, che sottoporrà le bufale sequestrale a uno speciale protocollo operativo. Le 800 bufale, oggetto del primo sequestro, sono state sottoposte nel frattempo a un’ulteriore verifica del siero sanguigno da parie dell’ASL territoriale, come disposto dal Ministero della Salute con il quale è in atto un’intensa collaborazione.

 

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