Oggi alle 15 nuova riunione della Giunta per l’immunità del Senato per decidere il calendario dei lavori per l’esame dell’ipotesi di decadenza dalla carica parlamentare di Silvio Berlusconi. Ma è scontro sui tempi, tra il Pdl, che conta di prendere tempo, e Pd e M5S che vogliono accelerare. Il Cavaliere, intanto, se ne resta ancora un po’ ad Arcore attorniato dai sempre più presenti (e influenti) figli e dai vertici delle sue aziende. E il vicepremier Angelino Alfano ha precisato che non intende affatto dimettersi sua sponte dalla carica di senatore.

Per il momento, dunque, l’ex premier continua (ormai da giorni, anzi settimane) a lasciare che la partita si giochi su un doppio binario: da una parte lascia fare i pontieri che cercano di guadagnare tempo in Giunta del Senato per evitare che la decadenza venga votata ancora prima che la corte d’Appello di Milano ricalcoli l’interdizione (prima udienza il 19 ottobre), dall’altra ascolta i ragionamenti dei falchi che gli spiegano come per votare prima della fine dell’anno sarebbe necessario che le elezioni venissero indette entro il 15 ottobre. Sempre che, ovviamente, non nasca una nuova maggioranza e considerando che Napolitano ha ripetutamente fatto capire di avere piazzato le urne in fondo alla lista delle sue cose da fare.

I prossimi giorni, dunque, dovrebbero continuare a giocarsi sul filo di questi due binari in attesa che si definisca il timing dei lavori della Giunta. Come spiega Renato Schifani, obiettivo del Pdl (e delle colombe che stanno tenendo aperti i canali con Pd e Colle) è quello di ottenere che si “voti giovedì” dopo un “dibattito delicato e approfondito” che “merita di essere affrontato con senso di responsabilità e senza nessuna volontà dilatoria”. Ed è proprio giovedì 19 settembre il giorno in cui Silvio Berlusconi avrebbe fissato l’ennesima verifica delle volontà degli alleati di governo: il Cavaliere attende che antro quella data arrivi il famoso segnale che i dem non intendono usare la Giunta per “far fuori l’avversario politico”, altrimenti – ribadisce – la conseguenza non potrebbe che essere la fine della maggioranza di governo. Berlusconi è più diffidente che mai ma – non avendo il coltello dalla parte del manico – lascia che si esperisca l’ennesimo tentativo. Questo sebbene stia montando in lui la convinzione che nel Pd ci sia tutta una corrente che sta cercando di boicottare il governo Letta e far tornare il Paese al voto. In questo senso è stata la letta la minaccia dell’esponente socialista, Enrico Buemi, di abbandonare i lavoti della Giunta, dopo aver denunciato ci sono “diktat che provengono dall’esterno, e non dal centrodestra” per far tornare il muro contro muro. A questo punto la mediazione sui tempi è affidata al presidente dell’organismo parlamentare, Dario Stefano.

Silvio Berlusconi, insomma, attende notizie da Roma e insieme ai figli e ai vertici delle aziende non può non constatare i ‘benefici’ che il titolo Mediaset ha avuto in Borsa dopo le notizie di ‘tregua’ nella maggioranza. Anche per questo il suddetto consenso sarebbe sulla linea morbida. Tocca intanto ad Angelino Alfano far sapere che, al contrario di voci circolate nelle ultime ore, l’ex premier non avrebbe alcuna intenzione di dimettersi sua sponte dalla carica di senatore. I rapporti tra Berlusconi e il segretario-vicepremier-ministro dell’Interno, tuttavia, sarebbero tornati ad essere piuttosto negativi. Per questo – viene fatto notare da ambienti vicini al Cavaliere – è difficile che qualsiasi decisione Berlusconi abbia preso o prenderà sarà Alfano ad annunciarla. D’altra parte resta il timore che, un secondo dopo, le procure gli saltino addosso: a cominciare da quella di Napoli che si occupa della questione della compravendita dei senatori.

 

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