ACERRA – Un gruppo di lavoratori dei consorzi di bacino minaccia di lanciarsi nel vuoto dalla torre del termovalorizzatore di Acerra. Sono entrati in dieci, fanno parte del presidio di un centinaio di persone che sta bloccando le strade di accesso all’impianto. I lavoratori hanno collocato dei camion sulla carreggiata. Sul posto ci sono polizia e vigili del fuoco. Le vie di accesso al termovalorizzatore sono state bloccate.

Da undici mesi non ricevono lo stipendio e sono ”ormai allo stremo”. La protesta di questa mattina è scattata ”dopo aver appreso che l’incontro previsto a Roma per mercoledì prossimo per un tavolo interistituzionale presso il ministero dell’Ambiente, finalizzato alla salvaguardia occupazionale del personale nonché al reperimento dei fondi per la copertura finanziaria, è stato rinviato a data da destinarsi”.

Le attività del termovalorizzatore di Acerra, stanno proseguendo nonostante la protesta dei lavoratori del consorzio di bacino, che stanno bloccando i camion carichi di rifiuti diretti all’impianto. Secondo quanto riferiscono fonti interne, la protesta potrebbe creare disagi all’impianto di stir, cioè di tritovagliatura e imballaggio dei rifiuti, e di conseguenza, se la manifestazione dovesse andare avanti, anche alla raccolta rifiuti per gran parte dei comuni della provincia e di Napoli stessa. Intanto un altro lavoratore del consorzio di bacino, è riuscito a scavalcare i cancelli di recinzione e a raggiungere i sei colleghi che sono su un tetto ed una torretta dell’impianto e minacciano di lanciarsi nel vuoto. ”Dobbiamo ancora ricevere i salari relativi a parte del 2012 – dicono i colleghi fermi ai cancelli – ma le bollette continuano ad arrivare. Ci stanno facendo perdere la nostra dignità di uomini e padri a 60 anni”.

E il sindacato Cobas annuncia che se senza risposte concrete le proteste proseguiranno. “I lavoratori non chiedono altro che ricevere lo stipendio per poter vivere  – fanno sapere dal Cobas – ma le istituzioni continuano a far finta di nulla, trincerandosi dietro la mancanza di risorse pubbliche dovuta alla crisi. Ma la verità è che la crisi la pagano sempre i lavoratori e le fasce più deboli”.

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