In Campania sono Salerno e la sua provincia a primeggiare nella speciale classifica di Legambiente dei comuni dove le percentuali di raccolta differenziata sono più alte. La città più “riciclona” della regione, per il 2013, è Casal Velino (Salerno) dove la differenziata si attesta all’84% con indice di prestazione ambientale pari all’89,11 (IPAC). Seguono, a poca distanza, altri due centri del Salernitano: Roccadaspide (87% e 85,71 di indice IPAC) e Pertosa (92% e 85,71 di indice IPAC).

Per quanto riguarda la classifica dei capoluoghi di Provincia Salerno svetta con 69%, seguita da Benevento con il 65%. Poi ci sono Avellino (56%) e Caserta (43%). Maglia nera a Napoli, con il 21%. In negativo si distinguono anche Casalduni (Benevento), con 7% di raccolta differenziata e indice IPAC 4,79, e due comuni della cosiddetta Terra dei Fuochi: Giugliano in Campania, con 13% raccolta differenziata e indice IPAC 17,39; Qualiano con 24% di raccolta differenziata e indice IPAC 28,75. Per quanto riguarda l’impiantistica, fa notare Legambiente, la situazione in Campania non è cambiata rispetto la scorsa edizione del premio: sono, infatti, solo tre gli impianti di compostaggio in funzione (Teora, Molinara e Salerno), “palesemente insufficienti per gestire la produzione di organico dalla raccolta differenziata”, costringendo i comuni a gestire il surplus trasferendolo fuori regione con alti costi (circa 200 euro a tonnellata per l’umido, rispetto a 90 euro spesi per l’indifferenziato).

Per Legambiente anche gli impianti Stir sono inadeguati e, ormai, le poche discariche operative si avviano a saturazione. Poi ci sono oltre sei milioni di ecoballe ancora da smaltire che, per Michele Buonomo e Antonio Gallozzi, rispettivamente presidente e direttore di Legambiente Campania, “oltre a causare un immenso disastro ambientale, sono diventati veri e propri monumenti all’inefficienza”. L’ipotesi, infine, di uno specifico inceneritore a Giugliano per lo smaltimento delle ecoballe, è “da rispedire al mittente”, secondo Buonomo e Gallozzi, in quanto “manca una seria valutazione comparativa tra alternative e costi-benefici”.

 

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