Assenza come testimonianza della follia umana . È in questo concetto che avvolge un po’ tutti i capitoli bui della storia degli atti di terrorismo che si potrebbe racchiudere il messaggio insito nel progetto dal titolo “Project 192”.

Nato da un’idea del fotografo napoletano Ciro Prota, e presentato on line lo scorso 5 febbraio, Project 192 infatti celebra il decennale della strage di Madrid dell’11 marzo 2004, quando la raffica di esplosioni avvenute in diverse stazioni ferroviarie della capitale spagnola investì i treni affollati di pendolari provocando la morte di 192 persone con i maggiori effetti registrati nella tristemente famosa stazione di Atocha.

A queste vittime, e alla loro assenza che nei prossimi giorni raggiunge i dieci anni, Prota ha voluto dedicare questo progetto che consiste in un libro fotografico elaborato con i contributi di 192 fotografi, professionisti e non,  tanti quante sono state le vittime, tra i quali compare il nome di Marco Boragine, giovane fotografo di Sant’Arpino che ci ha spiegato le finalità del progetto e le sensazioni che lo hanno spinto a partecipare.

«Dopo giorni che Ciro Prota pubblicava la richiesta di collaborazione per questo particolare progetto – rivela Marco – la sera del 29 novembre 2013 incuriosito dal progetto, decisi di scrivergli per chiedere nello specifico in cosa consistesse il lavoro da realizzare. Ciro rispose con poche fondamentali informazioni che erano quelle di creare una foto, con alcune semplici regole circa la dimensione, il formato bianco e nero, e che ad ogni foto-fotografo sarebbe stato  associato il nome di una delle vittime. Insomma, si trattava di raccontare al mondo, attraverso delle foto, una delle stragi più terribili della storia recente. Un lavoro per niente facile, ma estremamente stimolante sul quale decisi di scommettere».

«Dopo quel contatto per comunicare la mia volontà di adesione – prosegue Marco – restai  in attesa fino a che, il primo dicembre 2013, alle 2.58 del mattino mi arriva un messaggio da parte di Ciro con il nome della vittima: Maria de las Nieves García García-Moniño. Un messaggio secco, senza alcun commento. E da quel momento il nome iniziò a girarmi nella testa e nel cuore. Al mattino presto iniziai alcune ricerche, volevo “vederla”, “conoscerla”, e improvvisamente trovai la sua foto, e la sua storia, quello sguardo mi entrò dentro, e lì iniziò la ricerca vera e propria, ovvero: come fotografare quel “nome” quella vita, senza essere banali, irrispettosi».

«Tante idee mi giravano per la testa. Idee che nei giorni a seguire si sarebbero scontrate con il rifiuto di collaborazione da parte di molte persone che di fronte al progetto che mi sforzavo di illustrargli rispondevano con  un “non me la sento” che nell’era social dove impazza il selfie (autoritratti pubblicati in rete) suona veramente  come una triste contraddizione».

«Alla fine però – non tradisce l’emozione Marco – è arrivata. Nella stazione di Sant’Arpino, a casa mia sono riuscito a trovare Maria in quel risultato che oggi è presente alla pagina 45 de libro. Un libro che grazie alla passione e alla sensibilità espresse nelle adesioni giunte da tutto il mondo si pone come fondamentale obiettivo quello di non dimenticare. Non dimenticare il nome e la mala sorte di quelle persone che in queste foto sono incorniciate da immagini di binari, stazioni, vecchie locomotive abbandonate, traversine disegnate sulla sabbia e tanti visi e persone, e che devono aiutarci nel duro lavoro di fare memoria».

 

Vincenzo Viglione

 

sfoglia il libro on line: http://www.projet192.org/album/M11/index.html

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